La bellissima Umbria non sarebbe da assaggiare ma da gustare pian piano. Va bene però anche passarci due giorni scarsi, con la scusa del compleanno di una decennale amica di viaggio che sta ad Assisi. Non sarà come i lunghi, lontani fine settimana di luglio pieni della musica di Umbria Jazz. Non è (del tutto) un giro di lavoro con molte tappe, è un piacevolissimo incontro con lei, la sua “famiglia” che mi ospita, gli amici che conosco. Speranzosa di ripetere l’esperienza del 2010 quando per i suoi primi quarant’anni ci portò a Chianciano, alle Terme Sensoriali, metto il costume nel trolley, poi vengo a sapere che faremo invece una visita guidata a Montefalco e andremo a pranzo a Foligno. Pazienza…

Montefalco ha due significati per me: Benozzo Gozzoli e Sagrantino, grande arte e grandi vini, con una cerniera che li unisce. Paolo Bea non è il maggiore produttore locale e non farà mai i numeri dei grandi. Tra i primi (grandi) che mi vengono a mente, Arnaldo Caprai e Montanelli si vedono non solo nelle loro belle cantine, ma anche in centro storico con due piccole vigne storiche dal grande significato simbolico, che piantarono quasi 200 anni fa.

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Paolo Bea è il mio produttore preferito. Si trova in un angolo particolarmente bello fuori dalla cittadina, declina il Sangiovese in tutte le modalità e fa anche un ottimo Chardonnay che, spiritualmente, chiama Santa Chiara. Non so perché uso il presente perché nel 2014 potrebbe essere tutto diverso. Non lo vedo da una decina d’anni, da quando per caso incappai nella sua insegna e m’innamorai della sua cantina, sempre ai tempi di Umbria Jazz. Nel corso della prima degustazione mi consegnò il materiale con cui testimoniava il suo amore per Montefalco, fu tra i finanziatori del restauro degli affreschi della chiesa. Quelle fotocopie giacciono ancora nel mio atlante verde del TCI intitolato all’Italia centrale e fanno da segnalibro alla pagina di Perugia. Andiamo a vedere!

La nostra passeggiata urbana sotto la guida di Elisabetta è un costante ping pong tra passato e presente.

Il Sagrantino arrivò qui nel 1200 dal sud della Spagna e dal Medio Oriente, subito dopo i frati francescani, che lo usavano per dire messa, gli diedero il nome che richiama il rito sacro. Il vino di oggi è un concentrato di aromi intensi inconfondibili, che possiamo assaggiare da quattro anni dopo la vendemmia: appassimento delle uve su graticci, 12 mesi di vinificazione in acciaio più 24 mesi di affinamento in legno, ed è composto da Sangiovese (65% minimo), Sagrantino (15%), vitigni a bacca rossa quali Montepulciano, Cabernet, Merlot per il restante 20%. La DOCG, autorizzata nel lontano 1970, segue un disciplinare articolato con 60 cantine accreditate, queste si trovano oltre che a Montefalco anche a Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castelridolfi e Giano dell’Umbria. Toh, dove si trova un caro bloggamico, potrei sentirlo o andare a trovarlo. L’indomani, con un tempo da lupi, a malincuore mi metto in strada senza allungare il percorso fino a Giano, mi spiace ma meglio così.

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Iniziamo la visita con un caffè (!!!) e un’occhiata alle botteghe di prodotti tipici, non solo vino…

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per fermarci nella piazza d’impianto medievale, dominata dal Palazzo Comunale datato 1270 anche se è stato rimaneggiato fino al 1800.

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Degni di nota sono pure il Teatro comunale e Palazzo Bontadossi, oggi hotel di lusso.

La caratteristica forma circolare della piazza si vede bene ora, ma fino a 20 anni fa essa era occupata dal mercato.

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Montefalco,la ringhiera dell’Umbria, è una città murata con cinque porte d’accesso. Fuori da Porta Camiano si vedono Foligno, il Monte Subasio e Spoleto circondate da uliveti e vigneti. Le distese di viti dalle foglie gialle sono Sangiovese, quelle rosse Sagrantino.

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Moraiolo e leccino sono le cultivar d’olivo della DOP locale. Fuori dalla Porta della Rocca c’è una una targa con poesia di D’Annunzio e un cedro del Libano secolare gigantesco.

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Ricordo quando dieci anni fa conobbi la mia amica di Assisi in un bellissimo viaggio assieme ad altri undici amici, andando alla scoperta di un Paese semplice (la Giordania), un Paese che oggi purtroppo è in guerra (la Siria) con una gita appunto in Libano fra le maestose rovine di Baalbek, i vigneti della valle della Bekaa e… i cedri del Libano.

Finalmente entriamo nel museo. Elisabetta ne descrive la grandezza e la storia articolata, quello che per secoli era un monastero fu donato allo Stato italiano subito dopo l’unità; per abbassarne il potere l’ordine monastico fu soppresso.

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Il restauro che ha portato all’attuale complesso iniziò nel 1990: visitiamo il museo con una notevole pinacoteca…

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la cripta con le cantine…

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i reperti archeologici romani che “parlano” degli antichi abitanti del luogo e degli intensi traffici che si svolgevano lungo la via Flaminia, la principale strada consolare verso nord.

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Il mio massimo godimento è però nella ex chiesa di San Francesco con gli affreschi di Benozzo Gozzoli nel’abside, che dopo gli insegnamenti di Lorenzo Ghiberti e Beato Angelico diventò un grandissimo pittore del Quattrocento e precursore della pittura rinascimentale.

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Qui a Montefalco lavorò ai conventi degli Osservanti e dei conventuali, rispettivamente fuori e dentro le mura.

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La chiesa, a una sola navata con cappelle laterali, è un lavoro corale di artisti attivi per oltre 200 anni. Benozzo Gozzoli inizia nel 1452 e impiega oltre 10 anni per dipingere abside e cappelle con la rappresentazione di scene della vita di San Francesco, con un forte richiamo alla Toscana e a Firenze nei paesaggi e nei personaggi storici come Dante, e ad Assisi dove Giotto, quasi duecento anni prima, aveva immortalato il Santo nella “sua” chiesa.

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Io alloggio molto vicino ad Assisi, al Roseto Countryhouse

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che dà il meglio di sé nella stagione calda quando gli ospiti possono rilassarsi in giardino o in piscina, ma anche a novembre non scherza: al mattino mi sveglio con questa splendida vista sulla basilica…

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Ad Assisi passeggio la sera, in un’oretta che prendo per me, un’occasione unica per immergermi nel silenzio spettrale di una città, svuotata persino dei suoi abitanti che sono andati a casa, dopo aver abbassato alle ore 20 tutte le serrande di negozi e locali.

Resistono pochissimi ristoranti importanti, pochi hotel aperti e un manipolo di persone che con me si aggirano tra le vie.

 

Compongo un percorso circolare da Porta Nuova alla vicina chiesa di Santa Chiara…

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ma la mia destinazione è la basilica di San Francesco che mi riempie di gioia e spiritualità.

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Sopra e sotto è tutta per me, nascosti tra i portici ci sono due fidanzatini mano nella mano che manco mi vedono.

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Se l’Umbria è da assaggiare per brevi e intensi momenti, e del vino abbiamo parlato, non mi resta che parlare del cibo, che qui è un piacere anche se (non è un appunto) continuo a vedere locali che propongono menu dove la carne campeggia come piatto principale, spero che in futuro essa sia un’opzione per chi vuole assaggiarla.

Gli assaggi in Umbria iniziano proprio dal Roseto.

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Massimo è un grande intrattenitore, una persona con tanti anni d’esperienza alle spalle; accoglienza e buona cucina, casalinga e di classe al tempo stesso.

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Mi racconta anche l’ultima frontiera di un lavoro che non si ferma mai: la vendita online di prodotti locali, agroalimentari e non solo, che mi fa scoprire un’altra chicca di Perugia, il distretto del cashmere. Perugia cashmere su Google mi ricorda la storia e il legame del luogo col prodotto e poi sciorina le aziende che se ne occupano. Oddio non sapevo che Brunello Cucinelli fosse di qua. Basta, non aggiungo altro ho i brividi!!

E il pranzo della domenica dopo l’abbuffata di storia e cultura a Montefalco? Si tiene a Foligno centro del mondo, che dopo un mese non ho ben capito com’è fatta: abbiamo camminato dal parcheggio al ristorante sotto la pioggia, e al ritorno ero per così dire piena e stanca. Osteria dodici rondini è un posto speciale per collocazione, arredamento, decori, ma soprattutto è popolato da gente speciale. Qui c’è il rischio di entrare per consumare un pasto leggero e uscirci dopo parecchie ore, inebriati da chiacchiere e libagioni.

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A questo punto ciò che si mangia (ottimo e abbondante) e si beve (idem) non ha più importanza o meglio non è l’unica componente del piacere. Damiano l’oste è bravo e carino, intrattenitore come il mio padrone di casa Massimo ma giovane abbastanza da sapere e augurargli che faccia molta strada.

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Devo fargli due appunti però, a conclusione di questo post bellissimo su un fine settimana bellissimo.

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Uno: a Milano il menù degustazione costerebbe il doppio, io aumenterei i prezzi un cicinin considerato che non siamo in città.

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Due: io amo i formaggi erborinati e li mangerei anche a colazione, ma consiglio di chiedere all’ospite se gli vanno bene perché – i gusti son gusti – a molti non piacciono. E Damiano mi ha fatto tenerezza per l’entusiasmo con cui mi ha promesso un assaggio di formaggi al posto della carne che non volevo, portandomi un vassoio di ceramica bianca lungo 30 centimetri (giuro) così lungo da non essere fotografabile, con parmigiano, blue cheese e gorgonzola. Tutto made in Padania quella buona, Lombardia e Piemonte, quasi vicino a casa mia. Ero l’unica nordica a un tavolo di umbri, non so come ho fatto, pian piano ho mangiato tutto.

Grazie a tutti gli amici, quelli che ho nominato e soprattutto quelli che non ho nominato, vi voglio bene e spero di rivedervi presto per un altro assaggio d’Umbria. Con affetto. Roberta.

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