Albeinmalga è l’iniziativa della provincia di Trento che permette di trascorrere in una malga mezza giornata per vedere il sorgere del sole, seguire i lavori del malgaro nella stalla e le mucche all’alpeggio, assaggiare i prodotti tipici e conoscere il prezioso lavoro di chi abita le montagne del Trentino. L’ultimo fine settimana di agosto sono stata sul monte Bondone con l’amica blogger Cristina di Parliamodiviaggi, ospiti dell’hotel Arcadia. Abbiamo visitato Malga Brigolina sabato mattina, abbiamo fatto il giro dei laghi nel pomeriggio e infine domenica siamo salite alle Tre Cime del monte Bondone. Io ci ho provato. Questo è il racconto della nostra bellissima esperienza con cui finalmente Gamberettarossa va in Trentino, una regione dove ultimamente son stata poco ma che fa parte del mio DNA, da quando nell’agosto 1967 fui concepita “sotto le Pale di San Martino”, precisamente a Fiera di Primiero. Poco oltre Fiera, a San Martino di Castrozza, ho trascorso tanti anni in campeggio invernale, quando io e mia sorella eravamo piccolissime.

Consiglio Albeinmalga agli amici di tutte le età, da zero a cento. Anche alle famiglie con bimbi piccoli e agli amanti degli animali, ne vedrete tanti e di tutti i tipi. Potrete cercare l’orso e i funghi (buona fortuna per entrambi), ma soprattutto vi riempirete gli occhi e il cuore della bellezza delle Dolomiti trentine. Se avete un cane (noi ce l’avevamo) portatelo, si divertirà con voi e con tanti suoi simili di tutte le razze e taglie!

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Alle cinque di sabato mattina partiamo dall’ufficio del turismo di Candriai, la frazione di Trento che ci ospita ai piedi del monte Bondone. Siamo più di venti persone, camminiamo nel bosco sino a malga Brigolina con l’aiuto delle torce (degli altri). Il buio e il silenzio, il nostro ansimare di poche parole e lievi rumori ci accompagnano, intercalati dalle spiegazioni della guida ambientale che ci conduce nel cammino.

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Sarebbe mezz’ora di passeggiata in piano o quasi, impieghiamo il doppio ma va bene. Quando finisce il bosco inizia la spianata dell’alpeggio, vediamo sulla destra la malga e all’orizzonte le Dolomiti di Brenta più lontane, la Paganella più vicino a noi, montagne grigie poi rosate mentre il cielo si rischiara alla prima luce del sole dietro di noi.

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Mi fermo subito per riempire la borraccia con l’acqua di fonte, fresca e leggera. Lo farò all’arrivo e alla partenza perché in montagna si suda ed è necessario reintegrare i liquidi di frequente. In questo caldo fine settimana di fine agosto cammineremo e ci muoveremo un sacco!

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I gestori di Malga Brigolina sono una famiglia con quattro figlie giovani, impegnate a far funzionare un’attività complessa che comprende l’alpeggio estivo con oltre 100 mucche da latte e da carne, più capre conigli maiali galline cavalli… una fattoria grande e super organizzata per un lavoro di squadra che si svolge qui fino a fine settembre. Da ottobre si ritorna nella stalla, il porto sicuro dei mesi freddi, senza “desmontegar” come fanno altre malghe più in alto. Un camion con rimorchio aperto farà almeno quattro viaggi per riportare le bestie nella vicina stalla. Qui siamo a 900 metri slm ma non è meno montagna degli altri posti. Ed è più facile da raggiungere per chi, anche per motivi contingenti, dovesse optare per il trasporto in auto. Dovremmo stare su circa tre ore. Ci fermiamo invece ben oltre le ore 11, incluso un breve momento di riposo in cui mi appisolo con la testa sul tavolo di legno all’ingresso, dopo una notte quasi insonne.

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Andiamo subito alla stalla proprio durante la mungitura delle vacche, tecnologica e sicura affinché il latte sia buono per tutti. Le vacche sono bellissime e grosse, producono meno di trenta litri al giorno ma in condizioni ottimali, nulla a che vedere con gli allevamenti intensivi dove sono tenute tutta la vita al giogo immobili in stalle di grandi dimensioni, affinché producano più latte o più carne.

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Quassù le bestie hanno un rapporto col malgaro che definirei quasi affettivo, di mutuo aiuto: lui le accudisce, le istruisce (!!!) anche dopo l’operazione col mungitore, ci parla e dà loro il via a un’uscita lenta e controllata dalla stalla. Vacche fortunate, come escono si trovano davanti l’alba sui monti, un percorso che le unirà alle loro simili e poi un dolce declivio fino all’alpeggio, dove saranno libere di brucare quanto di loro gradimento per una decina di ore (motivo per cui le caratteristiche organolettiche del latte e derivati sono variabili da un giorno all’altro).

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Nel tardo pomeriggio rientreranno per la seconda mungitura e il riposo in stalla. Non è bellissimo? Mi piacerebbe che l’allevamento si facesse ancora così, come una volta, un modello produttivo di sana simbiosi uomo – animale, un modello che è diventato obsoleto da quando si è voluto produrre tanto e subito. Speriamo che la crisi diventi occasione per riflettere su cosa vogliamo mangiare, per produrre meno e mangiare meno. Ce ne sarebbe tanto bisogno!

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Malga Brigolina è una piccola arca di Noè dove vivono animali diversi tra spazi chiusi funzionali e ampi spazi aperti. Seguendo le vacche incontriamo capre, galline, conigli, maiali, un asino e un cavallo. Più ovviamente gli animali d’affezione come si conviene in questi luoghi, i cani non fanno la guardia ma tante coccole, si annusano e giocano, questo è il bello degli animali con il loro animo puro, da cui gli umani dovrebbero trarre spunto.

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Le spiegazioni della giovane figlia del padrone (22 anni e non li dimostra) sono intrise di passione e amore per questa vita che, decisamente, essi hanno scelto.

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Hanno tutta la mia ammirazione, ammiro un sacco anche sua mamma che ci accoglie sulla terrazza dello spazio ristorante per una colazione strepitosa. Qui si può mangiare ma non si dorme (tranne per il pisolino postprandiale).

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Yogurt e prodotti lattiero caseari sono la forza della malga, io ne vado pazza ma chissà perché mi concentro sul pane e gli insaccati prodotti nelle malghe vicine. Niente yogurt né frutti di bosco locali, bellissimi e sicuramente buonissimi.

Accediamo al micro caseificio imbacuccati da capo a piedi con camice, mascherina, cuffia e calzari. Non dobbiamo inquinare la sala dove si producono formaggi sia da latte crudo sia pastorizzato. Una caldaia, un pastorizzatore e poco più sono le attrezzature con cui il casaro trasforma il latte d’alpeggio in formaggi freschi (anche aromatizzati con peperoncino e spezie per esempio) e stagionati, yogurt e il mio sottoprodotto preferito, la ricotta! Niente burro per una questione tecnica comprensibile, legata al contenuto in grasso. Sì invece al gelato fiordilatte, il primo che esce dal mantecatore, a cui seguono volendo altri gusti. Ma io non sono una gelato fan…

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Finalmente riposo, un breve meritato relax mentre gli altri si affannano a chiedere ai locali info per la migliore prosecuzione del soggiorno. Percepisco qualcosa di cui faremo tesoro dal pomeriggio.

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Quando ci avviamo in discesa penso che in mezz’ora saremo all’ufficio del turismo come previsto, invece facciamo una gradita sosta in una malga vicina che ci accoglie con altri profumi e il gusto dell’unica (quasi) cosa dolce che amo, il miele. Arnie di vari colori sono piene di api al lavoro, sciamanti padrone dell’aria che svolgono un lavoro affascinante per loro e per l’apicoltore, un dolcissimo (!!!) signore di mezza età che ce ne racconta le funzioni (api operaie, nutrici e su tutte l’ape regina) e i prodotti, dal miele alla pappa reale alla cera. Pure qui si organizzano visite guidate, anche con scolaresche, una sosta che consiglio.

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Ricominciano anche le interessantissime spiegazioni della guida sui dintorni di Trento, a monte e a valle, che mescolano la visione di oggi, per esempio le possibilità di sfruttamento intelligente della montagna, alla storia.

C’è una storia antichissima che fa delle Dolomiti patrimonio UNESCO un gigantesco museo a cielo aperto: questa è la finestra da cui possiamo osservare i cambiamenti prodotti dalla natura in milioni di anni, in varie ere geologiche, attraverso periodi più caldi alternati alle glaciazioni che ci hanno lasciato le montagne come sono oggi. Gli splendidi laghi che visiteremo nel pomeriggio ne sono un esempio. Questi cambiamenti non si fermano, nel bene e nel male: essi producono per esempio i movimenti tellurici sotterranei responsabili dei terremoti a cui non possiamo sottrarci. Il susseguirsi di anni freddi e caldi è invece un processo a cui l’uomo ha impresso un acceleratore drammatico di cui la montagna è il migliore laboratorio per monitorare lo stato dell’aria, con l’aria rarefatta e il suo contatto più bello e più vicino al cielo. Un brutto stato di salute, a giudicare dalla progressiva scomparsa di ghiacciai perenni che probabilmente causa sempre più frane e smottamenti. Forse questo è un monito, a cui però non possiamo dare risposte individuali.

Altrettanto affascinante e importante è la storia locale degli ultimi cent’anni. Quando iniziò la Grande Guerra nel 1914 gli Austriaci ancora “abitavano” qui, ma proprio a Trento subirono sconfitte che li avrebbero costretti prima a scendere a compromessi, poi a scendere a valle fino alla storica battaglia del Piave. Vi sono trincee e gallerie, scavi ancora visibili effettuati con tecniche di guerra (la scienza degli esplosivi per esempio) utilizzate poi in tempo di pace per usi civili quali infrastrutture, gallerie, miniere. La guerra è qualcosa di cui non vorrei sentir più parlare, ma dagli insegnamenti del passato ahimè non abbiamo imparato nulla. Anzi oggi c’è chi fomenta nuovo odio per nuove guerre, diverse dalla Prima Guerra Mondiale e se possibile ancora più devastanti, per la quantità di vittime e il coinvolgimento di tutte le fasce di popolazione. Un orrore infinito, mai finito, che cozza con la bellezza delle Dolomiti, quelle che definirò sempre con affetto le mie montagne.

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