Mi sveglio alle 4 e per questo starò di cattivo umore tutto il giorno, anche in questa lunga giornata di grandi paesaggi e testimonianze del passato. Partendo e tornando a Nizwa, potremmo fare il giro in senso orario o antiorario, cioè prima il Jebel e poi i forti o viceversa. Scegliamo la prima opzione con l’idea di vedere meglio la montagna di mattina, col senno di poi farei diversamente: partirei prestissimo tipo alle 6h per camminare in discesa dal Jebel verso il wadi, o farei il giro al contrario per vedere con calma i forti e camminare nel pomeriggio. Ciò dipende ovviamente dalla stagione e dal clima, molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate, che influenza il godimento dei luoghi da visitare. Pochi gruppi decidono di salire al Jebel, privilegiando Wadi Ghul, io non ci sono stata quindi non so dirvi com’è, francamente son contenta di avere visto questo luogo, particolare e unico nel suo genere.
Ci fermiamo innanzi tutto alle tombe ad alveare di Al Ayn, luogo molto spirituale vecchio di 5.000 anni che si trova all’inizio della salita “dentro” Jebel Shams. I tumuli sono una via di mezzo tra i nuraghi della Sardegna e le qubbe della Nubia sudanese. La guida ci racconta che alcuni gruppi “avventurosi” si fermano a dormire in tenda presso il sito. In questa strana necropoli sono seppellite almeno 200 persone, il sito è silenzioso, vuoto di persone e forse perciò ancora più affascinante. La bella vista sul massiccio di Jebel Shams incombe su di noi, sempre offuscata dalla sabbia in alta quota che ci accompagnerà tutta la settimana.
Inizia la salita sullo sterrato, la strada è ripida e scoscesa ma larga, meno pericolosa del percorso con i pietroni dove siamo passati ieri. Alle 12h arriviamo in cima all’altipiano, a 2.000 m slm, mentre la cima del Jebel Shams, è addirittura a 3.000 m slm. La montagna del sole si chiama così per i tramonti che regala (ehm), ci sono 23 gradi (15 meno che a valle) e spira una bella brezzolina, facciamo pausa foto ai due punti panoramici (vi è andata bene stavo per scrivere viewpoint) e pausa shopping alle bancarelle dei souvenir, braccialetti e portachiavi colorati in tela (ora cerco un termine italiano per souvenir). Mentre sbocconcello un pomodoro si avvicinano due capre golose e impertinenti, che mi vengono addosso per mangiarli… Sembra di essere al Grand Canyon ma ci siamo solo noi, è bellissimo ma pericolosissimo perché il primo viewpoint (eccolo!) venendo da ovest è totalmente privo delle barriere di protezione, quindi se uno vuole ha vari punti disponibili per buttarsi giù e sfracellarsi sulle rocce sottostanti.
Penso che sarebbe bello cercare l’attacco del trekking che scende al wadi, una bella passeggiata che richiede 4-5h A/R e pertanto da affrontare nelle ore più fresche della giornata tipo 7h a.m. o 15h p.m. Dopo più di mezz’ora siamo ancora lì a discutere in 15 su quest’opportunità, dov’è, com’è, ho letto cosa ne dicono le relazioni e stando qui non ci capiremo un bel niente. Andiamo a vedere e per fortuna due olandesi carine salgono tutte sudate, con un bel sorriso sulle labbra, parlandone con toni estatici, non finirò mai di ringraziarle. Passiamo 1h scarsa tra discesa e risalita, fino a un belvedere davvero bello dove si dominano i due versanti del canyon con i loro strati di roccia colorata, arbusti e ciuffi d’erba, bellissimo, non faticoso né pericoloso. Consigliatissimo! Ecco come si chiama il viewpoint in italiano: Belvedere! Eureka!
Il vicino resort di lusso ci accoglie per una pausa pranzo ristoratrice ma carissima (sia i panini sia il buffet) e decisamente troppo lunga, il primo che vuol riposare è il capo autista ma tutti mangiano e si riposano abbondantemente. Io prendo un ottimo tè allo zenzero, scrivo e mi accoccolo al sole. Partiamo e siamo nuovamente sullo sterrato, la (bella) strada è lunga sia per guadagnare l’asfalto sia per raggiungere il prossimo sito. Ho il secondo flash sullo Yemen durante una sosta – foto a Nahal, l’antica città con una piccola oasi, le cui case sono costruite in mattoni crudi, ma ripartiamo subito.
L’autista mi ricorda che alle 16 i siti chiudono, mannaggia rischiamo di arrivare e trovarci le porte chiuse in faccia. Zitti zitti acceleriamo ma… arriviamo al forte di Jabreen esattamente alle 16h. In silenzio con faccia contrita io e lui raggiungiamo la biglietteria, lui farfuglia qualcosa al bigliettaio che sorride, stacca i biglietti e ci fa entrare, yuppi! E che bello questo forte! Sono tutti diversi, ma questo è più grande e meglio conservato, ricco di testimonianze storiche, cimeli, ricostruzioni. Le spiegazioni dei pannelli multilingue sono esaurienti. Altro flash dello Yemen, e fanno tre! Ha una vista pazzesca tutto intorno sia sulle montagne da dove veniamo noi, sia sulle oasi sotto di noi con un enorme palmeto e piantagioni rigogliose.
A Bahla alle 17h possiamo fare una passeggiata intorno e sopra il forte, che domina la città vecchia (ancora una volta con le case in mattoni crudi), e al souq alquanto semplice, non certo turistico. Tra i portici e i negozietti dominano i colori giallo e verde. In meno di 1h siamo di rientro all’hotel di Nizwa.
Tutti vogliono fare le cose con calma, piscina, doccia, ristorante. Io son stanca e stufa, non ho voglia di uscire e volentieri resto in hotel con una delle ragazze, dopo cena chiacchieriamo a bordo piscina tranquille prima del loro rientro. Finalmente riposo.
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