Mi faccio quest’augurio da sola, come vent’anni fa quando la televisione e l’Italia intera erano diverse, e su Rai 3 la Dandini chiedeva al suo pubblico in studio di farsi “un bell’applauso da soli”.


Da quando sei mesi fa ho annunciato in lacrime ai miei che avrei lasciato la casa di Milano e sarei tornata in Veneto sono successe tante di quelle cose che ora desidero davvero una permanenza lunga e proficua nella mia terra d’origine. Ogni mattina quando mi metto in moto mi auguro una buona giornata, è la mia preghiera quotidiana, ne ho bisogno in quanto la mia situazione, soprattutto professionale, non si è ancora stabilizzata ma qualcosa di buono dovrà succedere, presto. E ovviamente manterrò più possibile i rapporti con Milano, sia con le mie adorate amichette sia con i miei clienti, anche se a volte mi fanno arrabbiare e non dico altro.


Sto in campagna da pochi giorni, ci sto nel senso che ci passo più di qualche giornata spot e sto mettendo a posto le tonnellate di bagagli portati da Milano. Ho chiuso casa una settimana fa viaggiando di notte fino a Mestre, ripartendo il mattino dopo per venire qui, stanca ma felice. A volte mi sento sola ma ho mille cose in testa, ogni giorno trovo qualcosa di nuovo da fare. Domani per esempio metterò in forno la prima pagnotta e una torta, come quelle che facevo a Milano.


Mi piace talmente tanto il posto che mi sono “scelta” che pur essendo consapevole dei suoi difetti ne vedo comunque tanti vantaggi: l’aria buona, il verde intorno alla bellissima casa dei miei (una spanna d’erba con qualche albero qua e là), la lenta scansione del tempo così diversa dal rumore e dalla frenesia della città che mi ha ospitato negli ultimi 10 anni.


Al mattino alle cinque il gallo canta, alle sei suonano le campane, alle sette i cani dei vicini abbaiano. Nulla mi infastidisce, ho tanto bisogno di calma, silenzio, pace, di svuotare le orecchie e la testa dal caos accumulato ultimamente. E la sera esco, incredibile no? Non tutte le sere come facevo a Milano, ma molto più che a Mestre dove non ho tanta voglia di stare in giro.


Ho seminato in questo senso, lo ammetto, e sono entusiasta delle persone che sto conoscendo e rivedendo qui nelle Prealpi trevigiane, in cittadine e paesi bellissimi come Conegliano e Vittorio Veneto ma anche Revine, Follina e Cison di Valmarino, per rimanere quasi in vallata e prima di riprendere le mie esplorazioni a 1.000 metri e oltre in tante direzioni. Tornerò al Passo San Boldo e giù verso Belluno, salirò sul Fadalto, oltre al quale il lago di Santa Croce e l’Alpago ci introducono a tante montagne tutte diverse e bellissime. E poi Pian de le Femene, il Col Visentin, il Cansiglio.
Sto imparando che per andare a mangiare una pizza con amici magari devo guidare per 15 km ma va bene, una volta ci troviamo più in qua, un’altra più in là. Ma in paese ho anche disponibile il supermercato e la farmacia a cinque minuti da casa, e una piccola biblioteca che dà anche tante informazioni sul territorio, e udite udite – un negozio vicinissimo con articoli di giardinaggio e i miei adorati vasetti per le conserve! Cosa potrei desiderare di più?

CARTELLI


VENDITA GALLINE E UOVA – Sta scritto così con un pennello rosso su un pannello di compensato, e con una freccia indica una stradina sterrata che prendo senza essere sicura di essere nel posto giusto. Del resto sono senza navigatore, ho scelto di usare ancora le cartine di una volta e le indicazioni verbali dei clienti, e potrei essere in errore. In effetti dopo un paio di curve trovo due spazi recintati dove corrono centinaia di galline, un silo in fondo alla stradina e un capannone prefabbricato che, presumo, funge da ufficio. Per avere l’attenzione del titolare e parlargli di analisi chimiche e microbiologiche ci vuole mezz’ora, nel frattempo gli operai (stranieri) mi offrono il caffè e l’apprezzo. Poi gli corro dietro finché lui mi ascolta, presentiamo le rispettive attività e pianifichiamo una possibile collaborazione. Stretta di mano, a risentirci… a fine anno. E mi è andata bene. Risalgo in macchina contenta e proseguo per una zona industriale.


NON SI ASSUME PERSONALE

Qui c’è il vuoto, non solo le aziende agro alimentari sono latitanti tranne qualche caseificio che serve il mercato locale, ma i parcheggi delle aziende sono semivuoti e, in più occasioni, cartelli grandi e piccoli campeggiano poco rassicuranti all’ingresso. Vendesi, affittasi, ci sono anche loghi coperti e invisibili. Entro in un consorzio agrario dove sono inebriata dall’odore umido di mangimi e sementi misto a terra, plastica e tutta la mercanzia esposta. Faccio un giro ma i miei vasetti costano una fucilata. Alla cassa chiedo lumi sulle caratteristiche di questo piccolo distretto industriale, scusi ma qui fanno tutti mobili e componenti? Fanno? Farebbero, facevano, ma tic tac tic tac mi dice facendo un gesto con la mano: ormai è partito il timer ed è solo questione di tempo. Oggi sono contenti di vendere mobili ai russi, ma i tempi delle vacche grasse sono finiti da un pezzo e non durerà neanche così, prima o poi se va bene andranno a produrre in Russia i mobili per i russi, oppure li farà qualcun altro al posto loro. Non c’è nemmeno un soggetto nelle frasi che ci scambiamo, noi voi essi, nulla. Che tristezza mi dico uscendo, ma qui non sono stati capaci di seminare e raccogliere? E hanno vuotato i campi dalle loro produzioni tradizionali e hanno inquinato la terra per costruirvi edifici, capannoni, parcheggi, e ora? Non c’è una risposta, provo solo un senso d’impotenza dilagante, e la prossima volta chiederò ai gestori degli innumerevoli locali chi va a trovarli ora, italiani, stranieri, gente in giro per lavoro, coppie anche non ufficiali. Sono proprio curiosa. E d’altra parte le statistiche della crisi dicono questo: c’è stato e ci sarà un progressivo svuotamento degli addetti nelle industrie, mentre i settori in crescita sono la cura e i servizi alla persona e l’agricoltura. Con quali qualifiche mi piacerebbe sapere ma la risposta, ahimè, è dentro di me.


L’ASSESSORE RICEVE IL – DALLE ALLE

Nei tre comuni che visito oggi mi rimandano giustamente agli orari di ricevimento, che però sono tutti diversi: lunedì, mercoledì, giovedì. Migrazioni, il progetto che presenterò, ha bisogno di pochi minuti d’attenzione, spero che interessi a qualche amministratore altrimenti la tradizione orale non sopravviverà all’epoca di internet.


ABBIAMO INNESTATO PIANTE DI MELO E PERO DI VARIETA’ TRADIZIONALI AUTOCTONE

Questo è un cartello che mi riempie di speranza e mi fa sentire al posto giusto. Anche se i gestori del GAS che vorrei conoscere arrivano dopo l’orario che mi avevano indicato, e anzi non sono nemmeno quelli del GAS ma l’associazione locale a cui il GAS si appoggia, sono troppo carini e simpatici, chiacchieriamo per un’ora. Mi sciorinano le loro innumerevoli attività e, anche se usano qualche espressione in slang locale, peraltro comprensibilissima, sono estremamente accoglienti. C’è il sessantenne in pensione, ancora brillante per lavorare il suo piccolo fazzoletto di terra e raccogliere la legna nel bosco sopra la sua casa. Abbiamo delle piante di melo, ne vuoi una? Mi chiede. C’è il postino del mio paese che fa la lista degli abitanti della mia via e vorrebbe sapere dove sono finiti tizio e caio (come se io sapessi tutto dei miei vicini). C’è un paio di signore carine, mi offrono un caffè, declino l’offerta poi vedo spuntare un bottiglione di grappa. Sono attivissime e propositive, anche se francamente al momento non ho bisogno del riso né della pasta che sono in arrivo nei prossimi giorni. E c’è un signore mitico che fa il miele da trent’anni dopo un’esperienza come imbianchino, a un certo punto mi sono stufato della chimica sai? Mi dice. Troppi veleni, meglio lavorare con le api anche se nel villaggio globale i nostri respiri hanno conseguenze che vanno ben oltre il nostro naso. Ha dovuto fare causa a un viticoltore che trattava le viti proprio quando le piante vicine erano in fiore, le api si sono avvelenate e per quella stagione non ha visto neanche un po’ di miele in quella zona. E ha vinto la causa! Mi racconta dove ha messo le arnie e quanto rendono, ho già l’acquolina in bocca e so che la prossima volta ce lo farà assaggiare.
Vorrei partecipare a tante delle loro attività, al momento non ci sono la frutta e verdura che mi servono per le conserve ma che importa? Ci aggiorneremo presto, bentornata a Nordest!

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