Dal viaggio a Capoverde con Avventure nel Mondo, agosto 2001, coordinatore Renzo Fegatelli. Testo e foto di Roberta Zennaro. Articolo non pubblicato sulla rivista ANM.

“Ma si può sapere cosa vai a fare a Capo Verde? Non hanno un bel niente, sono presi colle bombe!” L’ultima conversazione con il mio capo prima delle ferie ha questo tono. Come si permette, lui che non è mai uscito dall’Europa dovrebbe solo starsene zitto; ma invece di litigare penso che al mio ritorno gli farò vedere io com’è Capo Verde! Da quattro anni desideravo andarci e nell’estate 2001 ho finalmente l’opportunità di passare due settimane alla scoperta delle isole del sole perenne, quel che mi serve per staccare davvero la spina e permettermi un approccio soft con l’Africa, anzi con l’arcipelago che sulla cartina sembra una manciata di semi di miglio, gettati tanto tempo fa al largo del Senegal da uno stregone africano. E sulla cartina Capo Verde si vede proprio così, in mezzo a tre continenti, affacciato alle coste dell’Africa occidentale ma molto legato storicamente al Portogallo ed all’Europa. Eppure oggi lo sguardo dei Capoverdiani, o almeno i miei coetanei, è proteso verso l’America che per molti rappresenta il futuro, “la vita reale” come dicono sempre, ma senza dimenticare le loro radici. Per questo un viaggio a Capo Verde è anche un’immersione nella nostalgia per la propria terra e le persone lontane, che si esprime al meglio nella musica come la morna, una sorta di fado mescolato a ritmi africani e caraibici: il popolo e la musica di Capo Verde sono un crogiolo di razze, suoni e ritmi struggenti ed accattivanti al tempo stesso.

Radunato il gruppo alla Malpensa, alle tre di notte partiamo, le cinque ore di volo passano velocemente e Sal, l’isola con l’aeroporto internazionale, ci accoglie nel migliore dei modi: fa fresco ed il sole fa capolino timidamente nel cielo solo a metà mattina. Ci sistemiamo a Santa Maria, il capoluogo, e per conoscere i compagni d’avventura inizio a scrivere i loro nomi sul diario; impiegherò tre giorni ad impararli tutti. Siamo ben distribuiti: due venete, quattro torinesi, due romani compreso il capogruppo, una coppia di Genova, una ragazza di Firenze, una di Milano ed una di Cagliari. Le donne sono in maggioranza, ma ormai nei viaggi di avventure questa è diventata una costante e quasi quasi mi chiedo perché non cambiano nome all’associazione.

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Al primo giro di Santa Maria bighelloniamo per le vie, il paese è un insieme di case di pescatori e solo negli ultimi anni sta crescendo grazie al turismo, soprattutto italiano. Alberghi di varie categorie nascono un po’ dovunque, buona parte della lunga spiaggia bianca è ben attrezzata ma i villaggi turistici non l’hanno troppo colonizzata.

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Passando accanto a queste oasi del relax made in Italy ci sentiamo decisamente a casa: telefonini, conversazioni e riviste di pettegolezzi da spiaggia, insomma la vera vacanza dove (non) ci si sente fuori dal proprio mondo. Vedo una donna di colore con in testa un secchio pieno di banane e le scatto una foto, lei se ne accorge e mi lancia un’imprecazione. Qui a volte è difficile avere buoni rapporti con i turisti ma in futuro il turismo sarà l’attività più redditizia di Sal. Paradossalmente, le altre isole sono molto meno attrezzate e la gente talvolta è proprio povera, ma grazie alla loro genuinità è molto facile socializzare, farci raccontare le loro storie e tornare a casa in qualche modo arricchiti dentro. Scopriamo un bar dove fanno un buon caffè e ne approfittiamo, circondati da altri turisti italiani. L’atmosfera a Sal è tranquilla, ideale per una vacanza di relax da trascorrere nella bellissima spiaggia bianca nettamente divisa tra il “lato villaggi” a destra, ben curato, ed il “lato capoverdiani” a sinistra, selvaggio ma molto più genuino.

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Ovviamente noi stiamo quasi sempre da questa parte ed abbiamo modo di ammirare il fisico statuario dei meticci, uomini e donne più o meno scuri di pelle spesso con occhi chiari ed un aspetto molto sano.

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Le onde dell’oceano si prestano egregiamente alla pratica di surf e windsurf, soprattutto d’inverno. Le due parti della spiaggia sono separate da un molo scassato, una lunga fila di assi di legno appoggiate l’una vicino all’altra che si protende in acqua per una cinquantina di metri. Da qui partono le barche dei pescatori e dei turisti, i ragazzi si tuffano in acqua e pescano.

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Domenica e lunedì andiamo alla scoperta di Sal, dove la maggior parte del territorio è desertico. È sempre stato così, infatti il nome Capo Verde non deriva dalla sua vegetazione ma dall’omonimo promontorio che si trova in Senegal e dal quale passavano gli schiavi imbarcati per le Americhe. Le principali attrattive di Sal sono la Buracona, una baia di scogli dove l’oceano si infrange con onde altissime e forma piccole vasche d’acqua azzurra cristallina, e le saline di Pedra do Lume.

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Queste furono per molti anni l’attività economica principale dell’isola, le diedero il nome ed un minimo di ricchezza, oggi sono semi abbandonate ma resta l’immagine spettrale di cielo, terra e montagne di sale con le sfumature di grigio, rosa e azzurro.

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Per il giro turistico utilizziamo un pick up con autista con la scritta aluguer che ritroveremo sempre sui mezzi noleggiati a Capo Verde: sono l’ideale per affrontare le strade accidentate, piene di ciottoli e buche, inoltre hanno l’aria condizionata naturale che è la più sana per prendere il sole e comunque l’unica disponibile. Di giorno siamo sempre in giro quindi non possiamo fermarci a lungo per mangiare, così la sera abbiamo una fame da lupi. La cucina capoverdiana è fatta di piatti semplici e genuini, ed è composta soprattutto da pesce e frutti di mare ma non mancano pollo e maiale, animali che spesso razzolano in giro ma sono abbastanza magri perché non hanno molto da mangiare. Ogni sera proviamo piatti diversi, dal tonno fatto in mille modi ai polpi alla griglia o col sugo di pomodoro, il baccalà, la feijoada de mariscos etc., innaffiati generosamente da birra o da vino, solitamente portoghese. In realtà, incredibilmente anche a Capo Verde si produce dell’ottimo vino, ma di questo parlerò più avanti.

Dopo due giorni di relax a Sal vogliamo scoprire nuove spiagge, lunedì mattina ci informiamo se è possibile andare nella vicina Boavista, un posto che come dice il nome è sicuramente bellissimo: lunghe spiagge bianche, paesini isolati ed il deserto nell’entroterra. Decidiamo all’unanimità di andare a Boavista il giorno dopo, solo che il cambio dei soldi in banca ci porta via mezza giornata ed appena torniamo all’agenzia di viaggi scopriamo che i 18 posti del piccolo aereo bielica sono stati occupati. Tutto da rifare, quattro di noi sono così decisi ad andarci che prenotano la barca: tre ore e mezza, forse più, con partenza all’alba e ritorno dopo cena. Ma ci diranno che ne vale la pena. La maggior parte di noi preferisce fare un giorno in più di spiaggia e rilassarsi, da mercoledì in poi saremo continuamente su e giù dagli aerei e dalle navi.

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In previsione di passare il terzo giorno di relax a Sal dopo cena io ed altre quattro donne del gruppo decidiamo di scoprire la vita notturna locale, così approdiamo al Pirata alle due. E’ una piccola discoteca con arredamento tropicale dove suonano musica nera, ballabile e non impegnativa. I turisti italiani sono la maggioranza, i più eleganti provengono dal vicino villaggio ma ci sono anche dei capoverdiani che si esibiscono in danze vagamente erotiche dove di solito una donna è “circondata” davanti e dietro da due uomini. In Africa è normale esprimere la corporeità ed è bello pensare che anche noi dovevamo essere così un tempo, ma ora abbiamo perso molti istinti. Guidati da alcuni ragazzi di Santa Maria proseguiamo la serata al Madrugada che è un locale un po’ più fumoso ma con bella musica capoverdiana ritmata, da ballare da soli o in coppia. Parlando con loro sentiamo che si sentono un po’ sfruttati dai turisti ma sono fieri di lavorare con i nostri connazionali. Peccato che lo stipendio di un muratore sia di 2000 scudi, meno di 100.000 Lire al mese, ben poco per vivere se si considera che la vita a Sal è cara, la terra dà pochi frutti e molte cose che servono per vivere, le risorse per costruire e mangiare ecc. devono essere importate.

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CAPO VERDE: NATURA E MUSICA ALL’INCROCIO DI TRE CONTINENTI

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6 comments

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work in progress, sono sfinita, a dopo xxx

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… PROPRIO UN BEL VIAGGIO NON C’è CHE DIRE…

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certo, anche se ora CV è completamente cambiato come arcipelago e modo di vivere, più umano e meno vero 🙁

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Bellissimo reportage!

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ciao tiziana GRAZIE, tu c 6 stata?

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grazie tiziana tu c 6 stata?

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