Complice la pulizia delle strade mi sveglio presto e osservo il cielo plumbeo: non posso fare a meno di pensare a quanto se ne sia utilizzato qui, prima e durante la Seconda Guerra Mondiale per la follia degli uomini, mentre la CNN informa che il numero dei morti per lo tsunami nel solo Sri Lanka è già arrivato a 14.000. Colazione insieme ed alle 9 tutti in strada, con Roberta alle prese con i soliti problemi di AnM, tipo sapere se il pagamento è stato già eseguito per le prime 4 notti e se a me è stata riservata e pagata la stanza per la notte in più. Oggi è lunedì e approfittiamo del fatto che la maggior parte dei musei è chiusa per entrare in confidenza con la città.

Giungiamo a piedi alla Kaiser Wilhelm Gedachtnis Kirche, la famosa chiesa che eleggiamo come nostro centro ideale della città. Acquistiamo la tessera per i mezzi pubblici e sotto la pioggia entriamo nell’Ufficio Informazioni Turistico dell’Europa Center. Siamo vicini allo zoo e da qui partono i bus più importanti. Prendiamo i biglietti per i Musei poi visitiamo la Chiesa, La diroccata Kaiser Wilhelm Gedachtnis Kirche fu bombardata nel 1943, dopo un sermone serale profeticamente intitolato “tutto passa”; come tutte le chiese di questa parte del mondo è luterana, è relativamente moderna e fu inaugurata nel 1895. Dopo il bombardamento i berlinesi ribattezzarono l’unica delle 5 Torri superstiti “dente vuoto”, anche se ora il soprannome più conosciuto della chiesa e del relativo campanile è “portacipria” e “rossetto”, ma si opposero tenacemente al progetto di una sua distruzione; così dal 1961 sorge un ottagono illuminato da 33.000 finestrelle di vetro cemento con tono dominante il blu, un interno molto sobrio e un magnifico organo moderno. I resti della chiesa racchiudono una sorta di museo fotografico, con alcuni bei mosaici ed uno splendido Crocefisso in legno.

Tenendo fede al tema della giornata, cioè “vagabondaggio libero”, ci impossessiamo del secondo piano del bus 100, che dallo Zoo ci porta dinanzi alla Casa della Cultura (la Conchiglia), alla piazza con il Genio della Vittoria, alato e dorato in cima alla colonna (Siegessaule), sorta per celebrare la nascita dell’impero tedesco nella seconda metà del XIX secolo. Percorriamo Strasse des 17 Juni circondata dal grande parco denominato Tiergarten che arriva alla Porta di Brandeburgo, spartiacque tra Ovest ed Est e che prosegue poi per l’altrettanto diritto ed ampio viale denominato Unter den Linden (sotto i tigli). Costeggiamo il Reichstag, sede del Parlamento tedesco, superiamo l’ex cortina di ferro e scendiamo all’altro capolinea, Alexanderplatz: il tutto in mezz’oretta di splendida visione d’insieme della capitale. La temperatura è di 5° e la pioggia, per il momento, decide di risparmiarci.
Ci mettiamo un po’ a capire dov’è la famosa piazza, cantata anche dalla brechtiana Milva ma alla fine ci riusciamo, aiutati anche dalla mastodontica Torre della televisione. Alexanderplatz ha dimensioni imponenti ma mi aspettavo una maggiore forza scenografica, costeggiamo l’antenna della televisione o Fernsehturm, un pilone grigio di cemento armato alto ben 368 m che i berlinesi chiamano asparago. A sinistra della piazza si innalza un bell’edificio di mattoni rossi del 1861 con una torre slanciata al centro, il Municipio Rosso ora sede del Municipio di Berlino. Al centro c’è la fontana del Nettuno, di fine ‘800, sul modello della Fontana berniniana dei 4 Fiumi a Piazza Navona. A destra invece vi è Marienkirche, la chiesa più antica della capitale, dedicata alla vergine. Risale al 1270 e contiene all’interno diverse opere, molti epitaffi marmorei funebri, quadri dell’Antico Testamento. Penso che raramente ho visto nelle nostre chiese cattoliche riferimenti ad Adamo ed Eva ma qui, nell’atrio di ingresso, un lungo affresco conosciuto come “danza macabra” ricorda la pestilenza che decimò la città: rappresenta una lunga processione di re, ecclesiastici, cavalieri e nobili che danzano ai due lati della croce dandosi la mano, alternati da eteree figure nude avvolte in un manto bianco. In fondo alla piazza, fra alberi spogli, 2 figure ci osservano, una seduta ed una in piedi, sono le statue in bronzo di Marx ed Engels, erette nel 1986: nonostante il loro anacronismo sono tra i monumenti più fotografati della città. Solo uscendo dall’immensa Alexanderplatz realizzo la sua reale ampiezza, dopo un ponticello si vede il fiume Sprea, poi giungiamo al Duomo di Berlino. Il Berliner Dom fu costruito alla fine del XIX secolo, l’edificio è circolare e contiene al suo interno le tombe del Principe Elettore, di sua moglie Dorotea, dei primi re prussiani e di Federico III; saliamo i 270 gradini, ammiriamo dapprima l’interno della Chiesa dal bellissimo organo poi in cima, all’aperto, godiamo di uno splendido panorama a 360° della città illuminata, fra le gigantesche statue degli angeli suonatori che abbelliscono la cupola del Duomo. Scendendo visitiamo la cripta che contiene i resti dei membri del casato Hohenzollern dal XVI al XX secolo, alla fine della visita grazie ai cellulari riusciamo a ricompattare il gruppo che si era disperso in vari tronconi e già dava segni di impazienza. Fra i primi attacchi di fame ci inoltriamo in quella che era la zona Est di Berlino, perdendoci fra le strette strade del quartiere ebraico, dove le colorite facciate degli edifici cercano di nascondere il grigiore preesistente alla riunificazione. Davanti alla Sinagoga avviene la prima “scissione” dove il gruppo prova, inutilmente, a visitarla mentre la famigliola va a mangiare.
Fra birre e dolci deliziosi iniziamo a conoscerci e a far emergere le caratteristiche di ognuno. Alle 18 il gruppo si ricompone dinanzi alla Sinagoga per raggiungere il bellissimo Unter den Linden, percorrendo le vie della vecchia Berlino Est, superando i canali che l’uomo nel corso dei secoli ha realizzato sfruttando lo Sprea, passando davanti all’Università dedicata a quell’Humboldt di cui in Perù avevo scoperto la corrente a lui dedicata. Unter den Linden, che significa “sotto i tigli”, è un ampio viale alberato che parte dal Duomo e giunge alla Porta di Brandeburgo: in questa stagione il profumo dei tigli è sostituito dalle 1000 lampadine che fanno da scheletro luminoso agli alberi che lo ornano e rendono affascinante la prospettiva verso il monumento simbolo di Berlino. Al centro della strada una pista di pattinaggio su ghiaccio è affollata, mentre nei negozi di souvenir e nei locali indigeni e turisti cercano ristoro dal freddo esterno e provano a formare quell’utopia che si chiama “Europa Unita”. Dopo una lunga camminata giungiamo sotto la Porta e ci spingiamo sotto l’imponente arcata. La Brandeburg Tor è un alto edificio bianco a 5 arcate, stile neoclassico, innalzato tra il 1788 ed il 1791 sul modello dei propilei dell’Acropoli di Atene, come simbolo della potenza prussiana; dal 1961 al 1989 ha rappresentato il confine più famoso tra Ovest ed Est del Mondo. La celebre quadriga di rame che la domina volge i cavalli verso Est e ciò dà il via alla querelle fra me ed Alessandro su quando fu costruita: la quadriga venne fatta smontare da Napoleone che nel 1806 la portò a Parigi, ma solo 8 anni più tardi fece la strada del ritorno e la piazza su cui sorge, proprio per ricordare la sconfitta del Grande Corso, venne battezzata Parisier Platz. Subito dietro la porta un gruppo di operai lavora per allestire un bar di ghiaccio che sarà parte dello scenario per la notte del 31 dove, secondo tradizione, sarà festeggiata la nascita del nuovo anno. Troviamo traccia del Muro, 2 strisce di piccoli sampietrini marroni che corrono sulla strada, la cui autenticità è attestata da una scritta in terra che ricorda la data della riunificazione. Alle 18 siamo di fronte al Reichstag alla fermata del bus 100, metà gruppo non ha voglia di tornare in pensione, così ci mettiamo in coda con molte altre persone in attesa di entrare. L’edificio è un palazzo neorinascimentale del 1894 e al centro nasconde una “luminosa” sorpresa. Sul frontone c’è una scritta “Dem deutschen Volke”, “al popolo tedesco”, fatta incidere da Guglielmo II nel 1916, ma solo 2 anni dopo, proprio da una sua finestra, venne proclamata la Repubblica di Weimar; l’edificio vide poi l’incendio del 1933 che diede modo a Hitler di eliminare tutti gli oppositori; infine nel 1945 un soldato dell’Armata Rossa vi issò la bandiera sovietica, proprio nel giorno del suicidio del dittatore; nel 1990 ospitò la prima seduta del Parlamento unificato e dal 1999 è sede del Bundestag, la Camera dei Deputati. Dopo una lunga coda entriamo in un ascensore a vetri che ci porta ad un’altezza da cui possiamo ammirare al meglio l’intera costruzione. L’interno, completamente ristrutturato da Sir Norman Foster, è rivestito di specchi e cristalli che lo rendono molto luminoso. Dalla prima piattaforma si dipartono 2 rampe elicoidali che permettono di salire e scendere separatamente verso la cupola, e si vedono le sedie azzurre e le poltrone nere, dove rispettivamente parlamentari e giornalisti presenziano ai lavori. Salita la rampa arriviamo sotto la cupola, con foro al centro modello Pantheon (quante imitazioni del nostro gioiello!), ed ammiriamo una straordinaria skyline della città illuminata tra cui spiccano la torre telefonica, il Duomo, lo stadio dell’Hertha, la tettoia del Sony Center ecc. Il bus ci riporta alla pensione, vorremmo mangiare nella zona di Spandau ma è tardi e le sciure, Almea e Maria Grazia soffrono i postumi della lunga camminata e del noviziato con AnM, così decidiamo di dirottare al vicinissimo Route 66, un localone texano con esagerate luci al neon, miti cinematografici alle pareti, e un’ottima birra. L’atmosfera nel gruppo rimane pesante, è sorto anche il problema del pagamento per le prime notti di pensione, insomma ogni pretesto è buono per discutere.

Alexanderplatz, auf wiedersehen: c’era la neve, ci vediamo questa sera fuori dal teatro, ti piace Schubert? Il suono del piano segue alla voce di Milva in questa bella canzone che ascoltiamo ancora con piacere e che, assieme ad altre note leggere o impegnate di artisti italiani e stranieri mostrano quanta influenza Berlino abbia sempre esercitato sulla letteratura e sulla cultura. Ma quante cose sono cambiate, oggi i cantieri hanno lasciato il posto a futuristici edifici mentre restauri non sempre rispettosi hanno cercato di mantenere lo sfarzo di palazzi costruiti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Nel 1992 Alexanderplatz era tutta un cantiere e ricordo di averla vista proprio così di giorno, mentre di sera tanti coniglietti scappavano nelle loro tane, all’arrivo dei turisti.

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