I vicini di campagna sono tutti persone speciali, sia quelli di vecchia data che hanno costruito la loro casetta alla fine degli anni 70, come i miei, sia quelli nuovi. C’è chi è andato su e giù dalla Svizzera facendo lavori semplici, chi dalla Germania facendo il gelataio finché è stato sostituito, come tanti nostri connazionali, da nuovi migranti con richieste economiche minori.

Ci sono i nuovi migranti nostrani che non credo facciano i gelatai: nella casetta di fronte a me c’è un’Audi fuori dal cancello, e un Jaguar dentro il cancello. Il padrone passa ore e ore a lucidarle, chissà che faccia fa quando mi vede arrivare a bordo del mio vecchio catorcio blu.

Ci sono gli anziani e i figli degli anziani, che mi attaccano bottone ogni volta che mi vedono per poi vedermi sgattaiolare via con qualche scusa.

C’è la famiglia abbastanza elegante che ama le mie conserve e, quando glie le regalo, ricambia subito con il suo vino, il mio baratto preferito.

E ci sono i vicini delle colline circostanti. Ora è andato in cielo, ma fino a pochi anni fa il mio vicino preferito se ne stava da solo in una vecchia casa colonica, enorme, che cent’anni fa ospitava tutta la sua famiglia. Era scapolo ma non disdegnava la compagnia femminile. Quante volte sono andata da bambina a vedere le sue mucche nella stalla e a prendere le uova da sotto il sedere delle galline! Una volta, tirando con un ferro ricurvo in una botte vuota, un uovo mi è esploso in faccia! Ora la sua terra giace incolta da entrambi i lati della strada e anche la casa attende una sua destinazione, ogni volta che passo di qua spero di vedere la rinascita di questo posto magico.

All’angolo della medesima strada, poco sotto, c’è un’altra casa colonica, più piccola, che i miei chiamano la casa dei cachi per due grossi alberi di cachi che in autunno la “decorano” d’arancione. Qui abitano due fratelli che lavorano la terra e vivono dei suoi frutti, hanno anche una piccola stalla con due vacche e possibilmente, ogni primavera, un nuovo vitellino. Ogni volta che passo da loro a prendere le uova abbiamo il piacere di parlare.

La scorsa settimana il più giovane dei due mi è venuto incontro reggendo un pollo appena spennato. Non ho resistito alla tentazione e l’ho fotografato, appeso al muro della casa in pietra che trovo sempre molto fotogenico (quante foto vi ho scattato!!).

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Il cane fulvo che dovrebbe fare la guardia mi ha accolto con un abbaiare poco convinto, per poi scodinzolare verso di me e tendermi la zampina per farsi coccolare. E il padrone mi ha raccontato che loro per fortuna sono riusciti ad allevare le galline anche quest’inverno, grazie al clima mite e alla loro costante presenza a controllarle. Purtroppo anche il falco le controlla, rotea sopra di loro e quando trova un esemplare debole se lo mangia. Il padrone l’accetta come un fatto naturale, e commenta che anche al falco non resta più molto da cacciare. I vicini vigneti sono trattati così massicciamente con gli antiparassitari, che sotto le piante non si trova più alcuna forma di vita animale, per questo il falco viene qui da lui dove tutto è rimasto se possibile naturale. Per lo stesso motivo le api muoiono o, peggio ancora, sono infettate tra i diversi proprietari di arnie che, quando le spostano con una particolare forma di transumanza, ne trasmettono le malattie anche alle api sane presenti nei dintorni. Abbiamo voluto affidare l’agricoltura alla chimica e questi sono i risultati, conclude con amarezza.

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Ieri il racconto che ho sentito è stato se possibile ancora più triste, quando gli ho chiesto come va mi ha guardato quasi con le lacrime agli occhi, per dirmi che deve vendere le sue due vacche: non stanno bene, non fanno più latte e il veterinario non ha trovato una cura efficace. Sembra che mi parli di un parente malato, lo capisco, mi fa un sacco di tenerezza. Provo a mostrargli un aspetto positivo, cercare due vitelli nuovi per rinnovare la stalla, ma non mi sente molto, non lo vede come la soluzione ideale, almeno adesso. Cosa farò di tutto il fieno che ho raccolto? E cosa farò tutto il giorno finché non ho dei nuovi animali da accudire? Non ho una risposta, me ne vado con le mie dieci uova e spero di trovarlo più sereno la prossima volta.

Ad aprile qui troverò carletti e bruscandoli, non vedo l’ora di raccoglierli anche se per farlo mi spaccherò la schiena. Come sto bene in campagna!

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