Archeologia industriale (AI) è un termine che indica lo studio, la catalogazione e il recupero di fabbriche e altri beni industriali, dismessi nel corso degli anni per obsolescenza, cambiamenti societari, situazioni contingenti ecc. Industrial heritage, con quel sostantivo meraviglioso che sembrerebbe un’eredità e invece indica un patrimonio, è la sua traduzione inglese.

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Recuperare può significare rimettere in marcia i macchinari presenti nell’impianto / stabilimento o modificarne la struttura e la destinazione d’uso. Ne scrivo da profana sperando di non commettere troppi errori concettuali. Mi sono appassionata di AI da pochi mesi con la visita a Villa Crespi, che ho raccontato in questo post, a cui vorrei aggiungere la visita di almeno 2-3 altri siti, se il destino me lo permetterà: i villaggi operai a Torino (Leumann) e Valdagno (Lanerossi), nonché il sito di Torviscosa (Snia) di cui sono appena venuta a conoscenza, accanto al quale son passata decine di volte senza degnarlo di uno sguardo.

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Un’invasione digitale (ID) a Marghera cosa sarà mai? Marghera per me è sempre stata la fonte di tutti i mali, per chi è nato a Mestre essa è sinonimo di inquinamento, malattie, mala gestione del territorio, sostanzialmente una zona grigia regno di oscuri traffici. E Mestre, quanto a problemi di salute, non è da meno. Mi fermo qui.

Nel raggiungere il punto di ritrovo in Piazzale Giovannacci mi risuonano le note dei Pitura Freska:

Marghera sensa fabriche saria più sana,

do campi de radicio pomodori, e marijuana…

Questa canzone che ha ormai 25 anni mi riporta ai tempi dell’Università, al concerto dei Pink Floyd a Venezia, a scarriolate di ricordi. Forse avevano ragione Skardy &co. quando dicevano che le fabbriche facevano male, ma già allora, anzi da ben prima, le serrande degli stabilimenti chimici scendevano ingloriosamente, operai e impiegati perdevano il lavoro, giudici solerti cercavano di comporre la geografia dell’inquinamento, i reati contro la popolazione, le responsabilità dei dirigenti e dello Stato.

Sabbia, fango e fumo, le stesse sostanze inquinanti immesse per decenni nel terreno, nell’acqua e nell’atmosfera, sono stati utilizzati a tonnellate per confondere le acque, affinché la verità non venisse a galla. Le giunte locali e nazionali sopravvenute poi hanno chiesto di far luce sui fatti, con l’effetto di accelerare la de-industrializzazione e la ricerca di un difficile futuro senza fabbriche, senza l’industria chimica. Un processo tuttora in corso.

Il trasporto delle persone è stato fruttifero per lungo tempo, con frequenti traghetti che partono per la Croazia e la Grecia. Anche l’industria delle crociere ha occupato con successo uno spazio rimasto vuoto, qui vicino c’è uno stabilimento che assieme alle navi cargo ha sfornato navi da trasporto passeggeri per tante compagnie, assieme ai cantieri gemelli di Monfalcone e Genova. Ora in tanti stiamo chiedendo Fuori le maxinavi dal bacino di San Marco e i committenti tendono a costruire le maxinavi in Oriente, chissà perché. Cosa succederà ai cantieri navali?

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Marghera oggi occupa poche migliaia di operai nelle poche fabbriche ancora aperte, che erano oltre 30.000 sino agli anni 70, mentre le malattie connesse all’inquinamento mietono vittime e ne mieteranno ancora per anni.

Marghera è uno strano pezzo di città, mal incastrato tra la Mestre dove sono nata io e la bellissima, inarrivabile Venezia. Stiamo insieme perché qualcuno ha deciso così, in un unico comune con oltre 200.000 abitanti e con tante anime diversissime: a volte stiamo uniti, nella cabina elettorale per esempio, che non credo si sia mai scostata da una fedeltà alla sinistra di antiche origini, con profonde radici. Altre volte siamo in stridente conflitto: nei puntuali appuntamenti referendari per esempio. Io ho sempre votato per separarci da Venezia, fallendo clamorosamente ogni tornata referendaria sino a vedere tramontata l’idea di due entità diverse per il governo del capoluogo e della terraferma. Per ora.

Il business plan per il quale nacquero le prime fabbriche di Marghera ha quasi 100 anni, risale cioè a prima di Mussolini, incredibile, e dagli anni 10 del Novecento è andato avanti come uno schiacciasassi sino alla grande crisi della chimica negli anni 70, quando ci si rese conto che queste produzioni avevano un enorme impatto ambientale.

Lo sviluppo economico passava attraverso le infrastrutture di cui l’Italia aveva tanto bisogno, quelle che ora si chiamerebbero Grandi Opere. Nella posizione strategica di Marghera, in alto Adriatico, relativamente vicina al triangolo industriale e all’Europa centrale, faceva comodo una lunga banchina per il carico e lo scarico delle merci: cereali e carbone prima, petrolio e materie prime per la sintesi poi. La chimica era anche a servizio dell’agricoltura che aveva già bisogno di fertilizzanti, per spremere bene i terreni e coltivarli con sempre maggior profitto. Due personaggi storici dell’economia italiana nel Novecento hanno contribuito a plasmare il profilo di Marghera: Enrico Mattei e Raul Gardini. Che brutta fine hanno fatto!

Scrivo un mese dopo l’ID. Eravamo quasi 40 persone e passeggiavamo a fisarmonica, ora compatti ora sfrangiati, con in mano l’immancabile corredo dell’invasore: smartphone, tablet, macchina fotografica.

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Sono entusiasta di ciò che abbiamo visto insieme, a passeggio di notte tra fantasmi e moncherini, animali randagi e passanti confusi, in posti che da sola avrei avuto paura di vedere anche di giorno. Ma l’unione fa la forza, si sa.

Ho chiacchierato con una manciata di persone, ritrovando amicizie comuni che mai avrei pensato, di quel Veneto che mi piace: impegnato, buono, bravo. Ho portato a casa anche delle belle immagini…

I Grandi Molini Italiani, un cliente che qualsiasi commerciale che si occupa di prodotti e tecnologie alimentari ama, con le sue gioie e dolori, stabilimenti sparsi e ufficio acquisti unificato.

Il ponte… come si chiama il ponte illuminato? Illuminatemi!

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Il porto con un avveniristico ingresso per container e auto.

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Navi ormeggiate una via l’altra.

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Negozi improbabili su vie di transito diurno.

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Per curiosità ho aderito all’ID di Marghera lo scorso sabato 3 maggio, fidandomi degli organizzatori che ci hanno preso per mano in una passeggiata notturna speciale e intrigante. Ringrazio sentitamente il ns regional ambassador Federico Graziati, un simpatico mix di veneticità e visione globale, Filippo Rustichelli e Jacopo Ibello che da Bologna studiano l’archeologia industriale tramite l’omonima associazione.

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Quanta curiosità mi hanno messo sull’archeologia industriale. Bravi bravi grazie grazie!! INVASIONE COMPIUTA!

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HASHTAGS – #saveindusherit, #invasionidigitali

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