Biblioteca di Crescenzago, periferia est di Milano. Un luminoso esempio di cultura popolare e amministrazione al servizio di tutti i suoi cittadini, oltre ai consueti servizi di prestito e consulenza che ci si aspetta in una biblioteca di quartiere. Il gruppo di lettura decollato a fine 2014 ne è la conferma migliore anche se l’ho appena visto nascere e non so se potrò partecipare alle riunioni mensili previste nel 2015. A ogni riunione ci siamo accordati per raccontare il libro appena letto, divisi in due gruppi da circa 15 persone ciascuno, e programmare la lettura del mese successivo. Dopodiché spetta alle responsabili reperire i titoli in prestito e consegnarceli, con l’impegno di chiudere il cerchio il mese successivo e prepararci alla lettura successiva.

Bello no? Chi altro lo fa a Milano o altrove? Mi piacerebbe tanto sapere come funziona questa bellissima iniziativa.

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Quando dico che abito vicino a via Padova lo faccio con un po’ di orgoglio e con la speranza di vedere la faccia del mio interlocutore, meglio quindi poterlo fare dal vivo piuttosto che per iscritto o, peggio ancora, sui social. Via Padova è meglio di Milano dicono alcuni miei amici, io lo credo davvero e in mezzo alla necessaria convivenza tra persone diverse, molte delle quali straniere, credo che rappresenti un esperimento riuscito di melting pot urbano, meglio di altre zone della città. Anzi, da maggio vorrei vedere tanti visitatori percorrerla alla ricerca di botteghe del mondo e negozi etnici. Altro che i lustrini del centro e la modernità ovattata, infarcita di soldi (!!!) di Expo 2015, speriamo!!

Un’ombra ben presto sarai di Osvaldo Soriano è stata la mia prima lettura col gruppo di Crescenzago, una sorpresa che mi ha rapito a fine 2014 in piena preparazione del mio viaggio di natale in India (nulla a che vedere con Vanzina eh!) portandomi via da pensieri e programmi per immergermi in un universo privo di certezza che traspare in tutte le pagine del libro. L’unica certezza è l’Argentina, qui è ambientato il libro, ma per il resto non si capisce nulla della sua collocazione geografica e mai è dato sapere dove si trovano davvero i protagonisti, i pochi personaggi fissi e i molti passanti che come in una pellicola scorrono davanti ai nostri occhi mentre leggiamo il libro. Potrebbero stare al nord o al sud, vicini o lontani dal mare, ma tutto questo non ha importanza. Come il tempo, come mi disse quasi 20 anni fa un astante in fila davanti a me in banca.

Eravamo ad Asuncion capitale del Paraguay, io avevo perso un aereo e dovevo intrattenermi più del previsto perciò avevo bisogno di cambiare soldi. E in mezzo a decine di persone che pazienti attendevano che si liberasse uno sportello, al mio ennesimo sbuffo stizzito il tizio mi disse la prima di una lunga serie di frasi storiche, in puro stile latino, che riporto senza accenti badando solo a come le parole possano risuonare quando vengono lette. Senorita no se asuste, estamos en Sudamerica. Aqui el tiempo no tiene importancia.

Parole sante che non so se ho imparato, né laggiù né qui. Lo spazio del libro è dunque indefinito, dall’inizio confuso all’imprevedibile finale aperto e visionario, secondo uno stile sudamericano che tuttavia non mi annoia come, invece, altri autori anche più famosi mi hanno annoiato.

Il tempo non è da meno, la storia si potrebbe svolgere una ventina d’anni fa ma alcune scene sono ambientate in luoghi tanto sperduti che probabilmente sono rimasti immutati per decenni. Immutati e abbandonati, persi come i protagonisti che cercano qualcosa ma non sanno se e dove troveranno i parenti che li hanno abbandonati, la matassa del loro strano destino, e soprattutto un futuro.

Soli, in attesa che qualcosa accada, che qualcuno li tiri su in un improbabile autostop a bordo strada (polverosa e poco trafficata), essi hanno il tempo di guardarsi dentro e rivedere il lungo percorso che li ha portati sin qui, con risultati totalmente diversi come dimostrano le varie vite, tutte diverse, degli uomini (tanti) e delle donne (poche ma buone) che si intrecciano nella trama del libro.

Soli fino a un certo punto, però: l’unione delle forze e delle poche risorse disponibili crea una solidarietà spontanea e la spinta al mutuo aiuto, ora per dividere un pasto, ora per farsi scarrozzare al paese successivo o per scroccare la benzina a un distributore che, come le storie dei personaggi, “fa acqua” da tutte le parti.

Autobiografico quanto basta nel descrivere quasi perfettamente la mia situazione ancora stabilmente precaria. Un’ombra ben presto sarai invoglia alla lettura e scorre via nelle sue oltre 200 pagine come una cena fra amici, allietata da chiacchiere e una buona dose di vino. I drammi personali si sovrappongono ai drammi collettivi di piccoli paesi senza speranza di crescere, ma anche al dramma di una nazione che, appena si è affacciata timidamente alla democrazia dopo i terribili anni della dittatura, ha visto che anche il governo del popolo non si poteva avviare senza traumi.

Gli infiniti spazi piatti dove si svolge il libro sono più opprimenti degli spazi chiusi dove potrebbero nascere altrettante storie e relazioni, proprio perché nello spazio piatto è possibile guardare apertamente all’infinito. Verso la ma amata Buenos Aires mai così lontana, o nelle immense altitudini delle Ande che, rispetto a questi luoghi, non si sa nemmeno dove siano. Vi sono anche continui rimandi ad altri Stati, dalla vicina Bolivia alla tiepida Florida dove potrebbe esserci uno sbocco redditizio ai farneticanti sogni di gloria dei personaggi, e infine alla madre Europa da dove viene il protagonista principale. Ma non si torna indietro perché il destino, suo e degli altri, è qui in un punto indefinito, nel nulla dello spazio e del tempo, attaccato al ferrovecchio di una ferrovia scassata e a un treno che appare nella prima e nell’ultima scena.

La citazione che non può mancare. Il buon dio ci manda in un certo posto sulla terra ma se poi questo posto non ci piace spetta a noi cambiare. Parole sante ma difficili a volte da mettere in pratica.

PS che difficile scaricare la copertina. Ma ce l’ho fatta yuppie!

Un’ombra ben presto sarai. Osvaldo Soriano. Einaudi 1991.

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2 comments

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Sono molto contento che il libro ti sia piaciuto al punto da scriverne una piccola recensione. Io l’ho riletto dopo anni e mi ha di nuovo catturato, seppur con accenti e sfumature diverse rispetto alla prima volta. Ho trovato molto tango tra le sue pagine, tango struggente come “Vuelvo al Sur” di Piazzolla, e tratti più lievi, umoristici che mi hanno strappato più di un sorriso, anche se spesso amaro. Questa rilettura mi ha portato, per così dire, a una visione tridimensionale di questo romanzo la cui circolarità mi appare ora come un vortice che a ogni giro trascina un po’ più in giù i personaggi i quali si sforzano non tanto di non cadere, ma di farlo con dignità e cercando di rimanere il più possibile fedeli a se stessi, come quei militari – unici sopravvissuti di una compagnia spedita laggiù decenni prima – che continuano a perlustrare, a fare l’alzabandiera, a mantenere i loro piccoli riti marziali in un accampamento a brandelli invaso dalle cavallette. O ancora il giocarsi l’ultima cosa rimasta – un ricordo, un sogno – con il terrore di perderlo. Un romanzo profondamente umano e poetico, che ti fa stare con il naso all’insù ad ammirare la destrezza e la leggerezza dell’acrobata Coluccini, grande e tragico artista, e che ti riporta a un tempo non lontano in cui si scrivevano lettere e c’era una solidarietà spontanea tra esseri umani, specie sulla strada (“ho conosciuto più gente qui in questi pochi giorni che in tanti anni di lavoro in Europa” dice a un certo punto il protagonista). Queste le mie rapide impressioni sul libro, impressioni solo in parte condivise dal gruppo di lettura che, forse, si aspettava un romanzo diverso. C’è chi addirittura lo ha abbandonato a metà, fatto significativo in quanto si tratta di un “lettore forte” che legge cose anche molto impegnative. Altri hanno invece dato un giudizio sostanzialmente positivo per la forza letteraria dei personaggi tratteggiati da Soriano, ma non sono stati catturati dal libro come te (e, per inciso, come me) ed è proprio questa la cosa bellissima di un gruppo di lettura: l’emergere cioè di visioni, interpretazioni, sentimenti molteplici che nascono attorno allo stesso libro e che, esplicitandosi, svelano una ricchezza di sfumature e di toni meravigliosa, che è un’opera d’arte in sé e affascinerebbe l’autore se potesse assistere in incognito a questi incontri.
Ciao e a presto
Paolo

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paolo fior che commento bellissimo e lunghissimo proprio come piace a me. io staro poco a MI prossimamente a meno che succeda qcs d’importante, ma ho cmq preso i titoli dei tre libri di gennaio. mi sa che mi darò al condominio. e tu?
PS secondo te com’è che dal resoconto dei coordinatori c’erano tante persone x il libro finlandese (io voglia zero) e pochi x il bellissimo soriano?

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