Questo è un guestpost di un amico viaggiatore, il primo di una serie di “ospitate” che nel 2018 è giunta l’ora di mettere su Gamberettarossa. Perché? Per dare la parola a racconti di viaggio diversi dai miei, per parlare di luoghi che conosco poco pur rientrando nel mio modo di viaggiare, a esperienze che mettano voglia di viaggiare. A me e ai miei amici. Carlo Cappellari fa parte della schiera di conoscenze nate proprio grazie al blog durante una gita in barca a Padova, alla fine del 2016, da quel momento mi ha sommerso di missive incentrate proprio sulle esplorazioni tra Padova e Venezia, sempre su vie d’acqua che solcano fiumi, canali e lagune. Mi ha persino invitato a imparare la voga alla veneta, io ho paura solo a sentirla nominare, che dite ci provo? Remare in piedi? Non so se rendo l’idea. Non credo di farcela. Le persone che cita sono realmente esistenti nonostante i nomi sembrino fantasiosi e bizzarri, a me tutto questo mette curiosità e spero faccia lo stesso effetto su di voi. Leggete dunque i suoi racconti scritti sempre in forma di missiva, a partire dalla ricerca dei fiumi come il Marzenego e il canale Osellino. Chi non sta tra la laguna e la terraferma veneziana difficilmente ne avrà sentito parlare. Eppure sono vie d’acqua importanti, tanto da essere stati riscoperti in parte, nel vero senso del termine, dall’amministrazione locale che ne sta riportando alla luce alcune parti dopo che erano stati interrati in più punti. Mi sfuggono i motivi di entrambe le operazioni, se qualche mestrino più grande di me vuole spiegarmi lo ascolterò volentieri. Ps – ci sono tante puntate della storia, buona lettura e alla prossima.

Carissima Compagnia Gongolante,

per conoscere una città bisogna entrarci e per entrarci uno può scegliere la strada, l’autostrada, la ferrovia e, se c’è, anche il porto o l’aeroporto. Io ho scelto di farvi entrare a Mestre dal suo fiume che è, anzi sono, il Marzenego. Avrei voluto farvi arrivare via acqua, ma ho dovuto rendermi subito conto che il Marzenego è il fiume meno navigabile del Veneto, causa la presenza di almeno 18 impianti molitori gran parte dei quali inattivi o distrutti lasciando sul posto il caratteristico ed invalicabile salto d’acqua. Mi sono quindi dovuto accontentare degli argini che fiancheggiano il corso del fiume. Non che sia stato facile perché l’esploratore di argini deve fare i conti con i proprietari delle aree situate lungo gli argini stessi, quando questi abusivamente le intercludono, con i cani dei proprietari quando le proprietà non intercludono gli argini e con gli spacciatori nelle aree e parchi pubblici.

A tutti questi soggetti la presenza di un anziano signore con in una mano una cartina geografica e nell’altra una macchinetta fotografica o cellulare appare fastidiosa quanto, nel caso migliore, un rappresentante della Folletto, nel caso peggiore, un agente della narcotici o, peggio, di Equitalia. La mia strategia è stata quindi quella di cogliere di sorpresa proprietari, cani e spacciatori, invadendo senza preavviso i loro siti, sparando fotografie a raffica, per poi allontanarmi il più velocemente possibile.

Il mio viaggio è iniziato dal mulino Ronchin ultimo della serie dato che il mulino Gaggian, che vantava detto titolo, si è visto sparire il fiume dal fianco a seguito di una rettifica dl corso. Al mulino Ronchin si accede da via Mulino Ronchin in fondo alla quale troverete Villa Barbarich ora trasformato nell’omonimo hotel. Anche se non temete i cani e i guardiani, arrivati alla hall, vi sentirete dire che loro con il mulino non c’entrano niente e vi diranno di rivolgervi all’attività a fianco. Se dall’attività a fianco riuscite a farvi aprire il cancello elettrico scorrevole, potrete vedere il fiume che arriva dalla frazione di Zelarino fino al salto d’acqua del mulino.

 

Se riuscite a superare un bel po’ di attrezzatura depositata sotto un portico, vedrete che Il salto d’acqua è sovrastato da una passerella in metallo, purtroppo sbarrata da una inferriata da cui ho sporto il cellulare per fotografare l’acqua in uscita dalla gora. Sfruttando l’aspetto da innocuo pensionato che prima di mezzogiorno non può tornare a casa altrimenti disturba le occupazioni della moglie, ho ottenuto una temporanea concessione a passare sull’altro lato dell’ex mulino dove ho potuto documentare l’ampio bacino e il tratto a valle del mulino che passa dietro a Villa Barbarich. Ho fatto anche a tempo a fotografare il mulino da valle con un particolare della divisione del corso del fiume in due parti mediante la tipica insula; nello spazio fra l’insula e il muro del fabbricato vi erano due ruote che non ci sono più dal 1966.

A quel punto è arrivata la responsabile dell’attività che, peraltro molto gentilmente, mi ha revocato l’autorizzazione temporanea e pregato di ritornare da dove ero venuto e non tornare più. Reso euforico da tanto successo ho deciso di provare a verificare cosa fosse rimasto del summenzionato mulino Gaggian che per l’appunto doveva trovarsi in via del Gaggian cinquecento metri più a valle, ma l’opificio è ora irriconoscibile in quanto camuffato da chissà cosa.

Via del Gaggian finisce in un lungargine sterrato frutto di una evidente rettifica del fiume. Dato che verso valle passa la tangenziale mi sono Incamminato verso monte e verso un ponte che si è rivelato essere la linea ferroviaria Venezia – Treviso oltre al quale, sulla sinistra, vi è una torre piezometrica (confidenzialmente dividucolo) che, con l’impianto di sollevamento fognario sulla destra, appartiene all’acquedotto di Mestre.

 

 

Avendo durante la mia passeggiata messo in fibrillazione tutti i cani del quartiere ho pensato bene di battere in ritirata prima che qualche nobiluomo rivierasco indagasse sul motivo di tanta cagnara. Per conoscere altre meraviglie del mondo non dovete far altro che aspettare la prossima settimana.

Basi grandi. Carletto da Camisan diventato venexian, anzi mestrin.

Inoltre vi consiglio di leggere...

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. Required fields are marked *