Un anno fa Manuela mi ha invitata a trascorrere un fine settimana nel suo hotel in val di Fiemme assieme ad altri blogger, quando la primavera fa capolino tra rocce scaldate dal sole e bagnate dalla neve che, sciogliendosi, dona nuova linfa vitale alla terra. Ma ero impegnata in un altro viaggio e ho rinunciato a malincuore, avevo capito che Eco Park Hotel Azalea aveva una speciale atmosfera: già nel nome evoca pace e armonia. Ci siamo sentite per email finché sono riuscita ad andare a Cavalese a settembre, nell’occasione della discesa delle greggi dagli alpeggi. Era tutto come me l’aspettavo: la qualità delle materie prime con cui ogni giorno vengono preparate colazioni e cene sane, genuine, a partire da prodotti locali, di piccoli produttori e biologici. Poca carne, molti piatti vegetariani e vegani per rispettare le esigenze e richieste dei clienti, sempre più frequenti. La bioedilizia utilizzata nella ristrutturazione dell’albergo, proprio una filosofia costruttiva. Fonti energetiche rinnovabili, lezioni di yoga e tanto altro ancora. Vi invito a scoprire come si può stare bene lassù se vorrete andare a trovarla. Eco Park Hotel Azalea non vi deluderà. Cavalese ha tanto da offrire sia ai patiti della montagna sia a chi ricerca la storia e la cultura di montagna, a tutte le età.

E poi c’è la competenza degli addetti, in cucina, in sala, alla reception coordinati da Manuela, con cui ci siamo ritagliate piccoli momenti per chiacchierare e conoscerci. Davanti a un calice di vino trentino o, dopo cena, una tisana di baobab arrivato direttamente dal Senegal. A una certa ora alzano il volume della musica, così il sottofondo diventa africano e danzereccio. Organizzano cene etniche per unire le dolomiti all’Africa e trovarsi, dopo mangiato, a ballare tutti insieme. Manuela dice che vuole tornare a Venezia perché ci ha passato gli anni dell’Università e ora, e quando può, viene a vedere la Biennale. Abitava in una calle bellissima in centro storico, per esperienza personale gli anni dell’università possono essere la migliore scuola di vita, che ci lascia ricordi e amicizie indelebili. Ha studiato architettura, anch’essa una scuola di vita, grazie alla quale ha portato nell’albergo di famiglia la linfa vitale e la sua idea di ospitalità, per farlo diventare come voleva: curioso e colorato. Sono tornata a Cavalese un mese fa per un tour alla scoperta della Val di Fiemme nel suo candido manto invernale, la prossima esperienza che vorrei provare è la raccolta delle erbe spontanee in primavera, come quando ci siamo sentite un anno fa. Ora le lascio la parola, grazie carissima Manuela e arrivederci a presto!

1 Chi sei – dove ti trovi? Raccontaci qualcosa di te e del tuo lavoro.

Mi chiamo Manuela e vivo tra Bolzano dove ho un figlio, Cavalese dove ho l’Azalea e la Germania dove ho il marito e l’altro figlio. Sono una trottola sempre in movimento fra momenti diversi. Ciò è sicuramente faticoso ma mi arricchisce nell’attività complessa di gestire un’azienda. Gestire e sviluppare l’Azalea è un work in progress, muovermi diventa fonte d’ispirazione e riposo da un lavoro impegnativo, ma molto stimolante.

2 Da dove vengono i tuoi ospiti? Sono più italiani o stranieri?

Abbiamo molti ospiti italiani soprattutto in estate, in ordine di apparizione e frequenza tedeschi e qualche scandinavo. In inverno invece sono preponderanti gli ospiti tedeschi, cechi, polacchi e scandinavi; gli ospiti italiani sono in aumento.

3 Hai verificato alcuni stereotipi sulle caratteristiche dei turisti a seconda della loro provenienza?

Avendo ospiti provenienti da varie parti d’Europa si notano atteggiamenti diversi nei confronti del cibo, nell’educazione dei figli, nell’affrontare la vacanza in maniera rilassata o stressata. Vivere la vacanza in maniera consapevole o consumarla senza riflettere sono atteggiamenti diversi, che riscontriamo spesso.

4 Raccontaci qualche aneddoto bello o brutto legato al tuo lavoro.

Molto simpatico è l’atteggiamento degli ospiti stranieri che spesso si tolgono le scarpe davanti alla porta della camera e vanno a piedi nudi in camera. Il corridoio è pieno di scarpe! Oppure le lasciano nell’ingresso e si infilano le pantofole.

5 Cosa fa di un ospite una persona speciale, di quelle che a fine soggiorno fa venire voglia di starci insieme più tempo? Si può diventare amici degli ospiti e mantenersi in contatto anche dopo?

Sì succede, e fa un grande piacere quando l’ospite speciale ritorna, anche dopo qualche anno. Si scopre che il feeling è rimasto e si continua il discorso interrotto nella precedente vacanza. Fa piacere quando l’ospite speciale riconosce i cambiamenti attuati nel frattempo.

6 L’ospitalità si compone di tanti fattori, secondo te quali doti o talenti deve avere chi se ne occupa, e cosa si impara invece lavorando “sul campo”?

Pazienza, flessibilità, tolleranza. Bisogna essere creativi ed ingegnosi, autentici e autorevoli. Per lavorare in hotel ci vuole organizzazione, pianificazione, spirito di gruppo, senso di responsabilità Sul campo si impara a farsi scivolare le cose di dosso per non essere troppo vulnerabili e coinvolti, sia in senso positivo sia negativo, a gestire i conflitti.

7 Ospitare delle persone significa anche uscire, far conoscere le persone e il territorio “dietro” una struttura. In altre parole viaggiare. Come pubblicizzi la tua struttura? Dove vai quando non sei impegnato al lavoro?

Mi rigenero perché ne ho bisogno, visto che gestisco la struttura da sola. Viaggio con la mia famiglia, conosco molte persone e viene spontaneo raccontare il mio lavoro e la mia valle. Molte persone sono curiose e vengono a trovarmi. Abitando a Bolzano, a 45 chilometri da Cavalese dove si trova l’hotel, mi capita spesso di parlare delle esperienze di architetto e albergatrice, due lavori lontani ma allo stesso tempo vicini. Per questo molti ospiti vengono dall’Alto Adige per conoscere l’Azalea e la Val di Fiemme.

8 Consiglieresti a un giovane di occuparsi di ospitalità? SI – NO – Perché?

Ho due figli di 21 e 16 anni che aiutano quando possono, quando ero giovane aiutavo anch’io i miei genitori in hotel. Poi ho studiato architettura a Venezia e ho lavorato all’estero. Sono tornata a 40 anni e ho affrontato con mio marito la ristrutturazione dell’hotel di famiglia. Dunque la mia risposta è NO, perché credo siano necessari una certa maturità, apertura mentale e conoscenza di altro per affrontare questo lavoro che è davvero totalizzante.

Per saperne di più:

http://www.ecoparkhotelazalea.it/

http://www.visitfiemme.it/it/more-info/fiemme/localita/cavalese

Inoltre vi consiglio di leggere...

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. Required fields are marked *