Due anni fa dopo la visita di Barumini avevamo ancora tempo e voglia di girare la Sardegna. Con Simonetta andiamo sul sicuro e non ci facciamo mai sfuggire le possibilità di esplorare luoghi più o meno conosciuti.
Se Barumini è il solo sito archeologico oggi riconosciuto da UNESCO nell’isola, nell’elenco sardo c’è anche, come bene immateriale, il canto a tenore che affonda le sue origini a Bitti. Non perdete l’occasione di ascoltare i Tenores di Bitti o altri gruppi di canto popolare, fatevi raccontare le loro storie, dal vivo mettono i brividi. Brrr!

UNESCO ha ancora molto da fare sull’isola, la “Tentative list” della Sardegna comprende vari siti in attesa di valutazione:

  • A nord le meraviglie naturali di Maddalena e Asinara “isole nell’isola”
  • Al centro i siti archeologici della penisola del Sinis, i giganti di Mont’e Prama e il sito punico di Tharros
  • A sud le miniere del Sulcis e l’area archeologica di Nora, sempre di origine punica.

Alla conferenza stampa di UNESCO Festival Experience, sempre a Barumini, conosciamo Carla Medau sindaca di Pula che gentilmente ci invita a farle visita. La ringrazierò sempre per avermi permesso di visitare il sito nella sua completezza, in una giornata limpida di fine agosto piena di tutto, in ottima compagnia, completando così il mio percorso nella storia e archeologia sarda. Vedere un sito sul mare è una doppia emozione per me.

Segnatelo fra le cose da vedere assieme ad altre rovine solo un poco più lontane e più recenti, greche o romane per esempio, unite dal filo sottile della storia, la nostra. Unite dal comune senso di appartenenza alle radici mediterranee che affondano nel mare e salgono su entrambe le sponde con le loro pietre, erette in Italia e in Grecia, in Tunisia e in Libia e in altri luoghi magici, da uomini coraggiosi per sfidare il tempo, le intemperie. E la storia.

La nostra piccola storia continua nel capoluogo sardo dove ci fermiamo due giorni. Cagliari ci è piaciuta molto e l’abbiamo scoperta poco a poco, soprattutto di sera, siamo andate tanto in giro: un giorno con il bus pubblico a Pula e Nora, un giorno in auto nel Sulcis. Abbiamo visto il mare, un poco da vicino, molto da lontano. Visitare le spiagge non era il mio primo pensiero! Anche questo è #Sardegnadentro.

L’AREA ARCHEOLOGICA DI NORA

A ovest di Cagliari, a meno di un’ora in auto, nel comune di Pula si trova l’antica città di Nora. Noi in realtà ci siamo andate con il bus ARST (il tragitto è un po’ più lungo) che parte ogni mezz’ora dall’autostazione, di fronte alla stazione dei treni. Lungo il tragitto nel golfo di Cagliari facilmente si vedono i fenicotteri rosa, dal mio punto di vista come turista è sempre una bella vista, e credo piaccia molto anche ai cagliaritani.

Il centro di Pula è carino se volete fare due passi dopo la visita, però il sito prende abbastanza tempo. La sindaca ci accoglie in municipio dove si concede al rito del selfie. Per questo la ringrazio tanto, e soprattutto la ringrazio per il suo supporto durante tutta la nostra visita. Ci racconta alcune tematiche della sua amministrazione (è al secondo mandato), mi fa piacere l’attenzione al sociale e alle questioni di genere, come si vede ad esempio nelle due panchine della piazza del municipio.

Sono rosse e “parlano” di donne con frasi a effetto, sempre attuali.

Mettete in conto almeno mezza giornata, 4 – 5 ore, per vedere tutto. C’è una parte archeologica, una naturalistica e una bella spiaggia, fate voi.

Il vasto sito archeologico sul mare è di una bellezza struggente, ha tremila anni di storia e molte parti ben conservate di epoca fenicia (con il cimitero tophet), punica, romana. Si vedono persino i resti sotto l’acqua limpida, da terra oppure se volete a nuoto. Approfittate come noi delle visite guidate che partono dalla biglietteria, vi daranno tutte le informazioni utili per godere appieno di tanta bellezza.

Sono in corso tuttora degli scavi in campagne seguite da ben quattro Università, tra cui Padova.

Le strade che percorriamo oggi erano animate oltre duemila anni fa da migliaia di persone.

Ottomila abitanti faceva Nora, tanti quanti ne fa adesso.

Le terme si distinguono chiaramente, così come le colonne relative a templi e santuari, nonché il foro.

Pavimenti a mosaico ornano le case nobiliari degli abitanti più ricchi.

L’acquedotto funzionava con un ingegnoso sistema tuttora visibile.

L’anfiteatro aveva un migliaio di posti a sedere, all’epoca era rivestito di marmo.

Oggi, come possiamo vedere, è utilizzato per spettacoli estivi.

La stele di Nora porta scritto per la prima volta il nome antico della Sardegna, molti cimeli e i frutti dello scavo si vedono nei musei locali tra i quali il più ricco si trova proprio a Cagliari.

La passione per i siti su mare non toglie l’emozione di ogni nuova vista, che mi lascia sempre a bocca aperta.

La torre saracena svetta all’estremità occidentale con vista sull’istmo.

Per saperne di più:

https://www.sardegnaturismo.it/it/esplora/antica-citta-di-nora

LA LAGUNA DI NORA

Oltre il sito archeologico si estende una parte di Nora con un fascino diverso.

La laguna di Nora è uno scrigno della biodiversità, affollata da una ricca avifauna stanziale e migratoria, nonché da molte specie ittiche in acqua. Si può scoprire a passeggio sui suoi sentieri, ricchi di pannelli con didascalie.

A piedi ma pure in bici e in canoa, da affittare in loco.

Molto interessante è anche il Centro visite, con un ricco acquario dedicato a tutte le creature marine dalle più piccole alle più grandi, come i cetacei, e il Santuario delle tartarughe.

In questo centro di recupero di animali in due grandi vasche troviamo due testuggini in cura, trovate con ami o altre ferite dai pescatori, che le hanno salvate e portate qui al sicuro per la riabilitazione.

Vi consiglio questa visita anche – ma non solo – se siete una famiglia con bambini. A me è piaciuta molto.

Per saperne di più:

http://www.lagunadinora.it/

SANT’EFISIO

Al lato est c’è la parte spirituale del sito, un punto di riferimento devozionale per la Sardegna: la chiesetta dedicata a Sant’Efisio ricorda il luogo del martirio del santo. Ogni anno, il tre maggio, la lunga processione partita da Cagliari termina proprio qui.

Se avete nutrito abbastanza il vostro spirito (non sto scherzando) potete poi nutrire il corpo al vicino ristorante…

E finire la giornata nella bella spiaggia che per noi, nel pomeriggio, non è nemmeno troppo affollata.

Questo momento di relax è allietato da un momento carramba, l’incontro con mia cugina e la sua famiglia, marito e bambini. Alloggiano qui vicino, abbiamo dovuto fare qualche incastro per vederci, ma che soddisfazione chiacchierare “lontano da casa”.

Per saperne di più:

https://www.sardegnaturismo.it/it/luoghi/sud/pula

CARBONIA E LA MINIERA DI SERBARIU

Le miniere mi affascinano tanto, nonostante portino il carico enorme della sofferenza, delle fatiche e dei lutti patiti dai minatori. Nessuno dei loro familiari né i superstiti, perché molti sono morti o si sono ammalati scendendo in miniera, ha voglia di parlarne, in nessun posto. È come se avessero cancellato quel periodo, eliminato i ricordi, spazzandoli via con un colpo di scopa ben assestato alla polvere e alle pietre. Quelle da spostare, sollevare, trasportare con la forza delle braccia. Con la testa a posto, occhi naso e orecchie vigili, sempre attenti a recepire ogni potenziale pericolo.

L’archeologia industriale ha una delle sue applicazioni migliori, a mio avviso, proprio nelle miniere. Noi leggiamo e vediamo oggi, nei musei dedicati alle ex miniere, quello che migliaia di italiani hanno vissuto. Ogni visita per me è un pugno allo stomaco ma invece di fermarmi, sono ogni volta più curiosa di vederne altre, di scavare ancora nel buio della memoria degli altri. La rete europea che include luoghi simbolici come la Ruhr in Germania e Marcinelle in Belgio, passa per la Sardegna. Ma quante ce ne sono? Cercando la mappa delle miniere italiane ne ho trovate in quasi tutte le regioni e spero, con calma, di vederne venti. Per ora sono a quota tre, dopo Abbadia San Salvatore (SI) in Toscana e Valle Imperina (BL) in Veneto, l’ultima mia visita è stata a Serbariu con il suo interessante museo del carbone.

Serbariu si trova nel comune di Carbonia, un inno all’architettura fascista che con parole mie definisco sempre “l’unica cosa buona fatta da Mussolini”. Vedere Carbonia fa capire come e quando sono nate le miniere.

L’aria fresca che si respira, nella grande piazza e nei luoghi istituzionali del centro, contrasta con ciò che ci aspetta in miniera.

Caschetto in testa con i nostri colori istituzionali, Simo giallo, io rigorosamente rosso, scendiamo nella galleria sotterranea con il gruppo della nostra visita.

La guida appare perentoria nelle affermazioni e disposizioni, ma lo fa per sicurezza ed è così preparata che in un ambiente da affrontare con cura, capisco che è giusto così.

Nei percorsi sotterranei si procede accucciati, fra gli impianti con il meglio della tecnologia dell’epoca, quando erano in funzione.

Scendere in miniera da visitatori è impressionante e commovente: a ogni oggetto corrispondono i volti di chi l’ha utilizzato, il sudore della fronte, la tensione dei muscoli.

La miniera ha tre livelli: quello del terreno, il sotto e il sopra, tutti da vedere.

Nella sala degli argani vediamo mucchi di lamiera arrugginita, erano anch’essi tecnologici.

Al piano terra la lampisteria è adibita a museo e svolge egregiamente la sua funzione didattica.

Accanto agli esaurienti pannelli esplicativi, il catalogo multimediale comprende fotografie e ritratti del lavoro quotidiano, video, testimonianze. C’è infine una ricca panoramica di utensili.

Accanto agli oggetti d’uso quotidiano dei minatori, gli accessori sono i miei preferiti, veri frammenti di storia.

Fra questi, le medagliette doppie rappresentano l’oggetto più leggero, ma non meno importante.

A inizio turno la si indossava, ognuna con il nome del minatore, assieme agli strumenti pesanti, per essere identificato; a fine turno si mollava appesa al muro.

Se non c’era la medaglietta era successo qualcosa e si doveva intervenire. Andare a cercare il disperso.

La strettezza e il buio dello spazio in miniera, da condividere con i colleghi, non dava alcuna intimità.

Contrasta con gli spazi condivisi sopra, come le docce e gli spogliatoi. Altrettanto privi di intimità. Corpi accanto ad altri corpi, mani capaci, muscoli forti. La miniera ha infine un dentro e un fuori.

Gli spazi esterni sono la nostra via di accesso, dal forte impatto visivo.

All’aria aperta oggi svettano nel cielo grossi edifici squadrati, come ciminiere e capannoni.

Mentre per i minatori questi erano croce e delizia: aria da immagazzinare prima di andare giù a lavorare, aria da respirare all’uscita.

Se la storia delle miniere, non solo questa, si può leggere sui libri, a Serbariu si toccano con mano le storie di vita di migliaia di sardi. Le miniere sono un luogo da vedere, che tutti dovrebbero vedere.

Per saperne di più:

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SANT’ANTIOCO

Cosa facciamo a Sant’Antioco in mezza giornata?

Uno spuntino veloce e un’ora di relax in una spiaggia tranquilla.

L’isola di Sant’Antioco per nostra fortuna si raggiunge comodamente in auto, essendo collegata da un ponte all’isola principale. La vicina San Pietro necessita invece di traghetto.

Compiamo il giro in senso orario, in vista del suo splendido mare con calette super affollate dove si vedono da lontano file di auto, aggiustate quasi una sull’altra, irraggiungibili.

Divaghiamo nell’interno, un poco apposta un poco per sbaglio, circondate da macchia mediterranea verdissima e profumata. Ben presto il cellulare mi abbandona e faccio solo poche foto, con la reflex.

Mi attraggono molte cose, guardare ma non toccare:

  • I vigneti e i cartelli che inneggiano allo stupendo vitigno locale, il Carignano del Sulcis,
  • I siti archeologici (anche se con Simo all’arrivo ci siamo dette “ora basta cultura”),
  • Calasetta con le sue casette chiare dove sarebbe bello indugiare. Un’altra volta.

Io mi segno da vedere: Calasetta qui a Sant’Antioco, Carloforte a San Pietro.

Per la prossima visita con calma, fermandomi a dormire da qualche parte tipo l’ostello o un BB.

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SULCIS IN FUNDO

Del Sulcis vorrei parlare tanto ma mi trattengo, ci vedo tanti problemi e altrettante opportunità. Noi ci siamo andate un giorno, in auto, per fare più cose e ottimizzare i tempi ma c’erano i mezzi pubblici come alternativa possibile. Incredibile no?

In una mappa impietosa dove le linee ferroviarie oggi tagliano l’isola praticamente solo da nordest a sudovest (lasciando sguarnita la maggior parte del territorio), dove si fa un gran parlare dei trenini turistici funzionanti a carbone e a singhiozzo (vanno e vengono come il vento), a me piace l’opportunità di poter prendere un treno normale, io da turista, perché le persone che ne hanno bisogno nel quotidiano saranno cento volte di più.

O gli autobus se fossero efficaci (come numero) ed efficienti (come capillarità). Invece non va così.

Carbonia e Iglesias hanno la fortuna di trovarsi su una linea ferroviaria, cosa non scontata in Sardegna, forse a ricordo delle prime linee costruite attorno all’unità d’Italia, nella seconda metà dell’Ottocento. O in memoria delle miniere attive fino a pochi anni fa e portatrici di reddito, se non di una ricchezza ora meno presente. Una passata epopea prima da cancellare, ora da valorizzare con ogni mezzo possibile. La chiusura delle attività minerarie doveva creare opportunità per reinventarsi e costruire con l’ambiente un rapporto migliore, più rispettoso e duraturo. Se questo è avvenuto si saprà in futuro.

Io da utente del paesaggio di passaggio, da donna curiosa che viene, vede e chiede, me lo auguro. Ma è dura nel quotidiano, mi dicono gli abitanti del Sulcis. Perché c’è poco lavoro rispetto ad altre aree dell’isola, le attività legate al turismo aiutano ma non sono per tutti, né per tutto l’anno. Io vorrei vedere applicate qui le virtù della buona agricoltura, del rispetto della terra e dell’aria, pratiche richiedenti volontà, tempo, dedizione. Forse stiamo andando in questa direzione. Per ora abbraccio gli amici di questa parte di Sardegna, bella e aspra, e dico a tutti loro di tenere duro.

E il capoluogo?? Di Cagliari parlerò in uno spazio a parte, abbiamo fatto base in centro ma non vi dirò dove, era un posto sfortunato senza alcuni servizi essenziali per chi viaggia. Un peccato perché è in ottima posizione ed ha una vista superlativa sul mare. Qui mi preme mostrare il luogo di passaggio per antonomasia, amato oppure odiato da tutti i viaggiatori. La stazione. Guardate com’è bella questa vista.

Arrivare in treno a Cagliari è una di quelle esperienze che segnano, ai locali potrà non dire nulla ma per me si tratta di un macrocosmo, un pieno di volti e oggetti in movimento degno di un saggio sociologico. Tutt’altro che un non luogo. Penso alla biglietteria e al Mc Donald’s, al deposito bagagli e al vecchio locomotore degli anni Venti parcheggiato in bella vista.

E penso al mio luogo preferito, il baretto all’angolo con dei gestori gentilissimi, dove ho aspettato la Simo leggendo il giornale fra l’andirivieni dei tanti passeggeri. Senza “toccare” la stazione marittima da cui si possono raggiungere altre isole e la terraferma. Non penso alle crociere, tranquilli. Ma a tornare sì.

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