Martedì 8 ottobre 2019, ormai lontani dal Pollino, da Tarsia ci portiamo verso la pianura, anzi la piana di Sibari densamente coltivata.

Partiamo tardi – questo è un aneddoto che non so se ricordano i miei compagni di viaggio – perché siamo ancora abbastanza vicini a Cosenza, così Isabella e Ferdinando, i due calabresi del gruppo, vanno a casa a dormire. Se non che… il traffico del mattino e un albero caduto sulla sede stradale li blocca per lungo tempo e vengono a prenderci un’ora dopo il previsto. Poco male, li aspettiamo crogiolandoci al sole fuori dall’hotel, come lucertole. Ecco infatti: il sole è arrivato e d’ora in poi ci accompagnerà sempre nel nostro viaggio verso sud, in questo inizio d’autunno che qui sembra ancora estate. Visitiamo la chiesa poi andiamo a passeggio per un’ora in paese.

TARSIA

Ci troviamo a 190 metri slm e mi fa piacere osservare la vitalità di questo borgo, affollato già nelle prime ore del mattino. Sembra che i quasi 2000 abitanti siano tutti qui. Bello no? Guardate i banchetti del mercato…

E le persone che frequentano le vie del paese…

E il sole che splende… Fa un caldo! Non mi lamento, ci asciughiamo le ossa umide, dopo le ultime piogge, e ci vestiamo a strati. Coperti al mattino per scoprirci poi nel corso della giornata.

Al di là dei pregevoli edifici antichi, bello è vedere la normalità di Tarsia con i vicoli stretti e gli ampi slarghi come Piazzetta Ferramonti, dove si aprono balconi con un’ampia vista a valle.

DAL LAGO DI TARSIA A ROGLIANO

Fichi d’india con i frutti ben maturi (che dolci!) colorano la nostra discesa dal paese al fondovalle, con vista sul lago sempre e solo da lontano.

Scendendo uno stretto sentiero vediamo degli interessanti manufatti umani, seminascosti tra la vegetazione.

Trattasi di grotte scavate nella tenera roccia arenaria che erano adibite a ricovero per animali fino a 40 anni fa.

Provo sentimenti di paura e curiosità. Alcune sono ricoperte internamente da mattoni e percorribili in profondità. Altre sono puntellate, pericolanti o inaccessibili, parliamo piano perché potrebbero crollare.

Questo luogo è spettrale e affascinante al contempo, se parlassero questi muri avrebbero tanto da dire!

Chissà che le grotte vengano recuperate e messe in sicurezza assieme ai sentieri che escono dalla strada asfaltata, sarebbero una bella attrazione e darebbero valore a tutta la zona.

Angelo, uno dei ragazzi che ci accompagnano nella visita, ci mostra la casa dove abitavano i nonni.

Su un crinale con vista a valle, in questa casetta cinquant’anni fa sono nati i suoi genitori.

Potrebbe essere mio figlio!

Mi sento trasportata in epoche passate e luoghi lontani, un déjà-vu che sa di Mediterraneo e Medio Oriente.

Questi ultimi sono i miei primi luoghi del cuore fuori dall’Italia, distanti solo perché in mezzo c’è il mare.

L’ambiente è simile, le colture spontanee e agricole sono in buona sostanza le stesse, la storia è stata condivisa per millenni dagli stessi popoli. Oggi conserviamo poche memorie delle nostre radici comuni e spesso preferiamo non parlarne, peccato perché ne saremmo tutti più consapevoli e arricchiti.

Qui in Calabria (ma non solo) fino a pochi decenni fa la vita era scandita dai ritmi naturali delle stagioni, del giorno e della notte. La convivenza uomo – animale, terra – piante e la condivisione degli spazi caratterizzava la vita quotidiane delle persone, segnata da stenti e fatiche. Non mi sorprende che a un certo punto molti se ne siano andati, sempre per andare a cercare un futuro migliore. Ho già scritto questo no??

Camminiamo almeno un’ora nella pianura ubertosa, intensamente coltivata a cereali e ortofrutta, è la prima volta che mi sento davvero nel profondo sud e sembra quasi di essere tornati in estate, una bella sensazione.

La terra è scura e punteggiata da rossi pomodori, verdi carciofi e varie brassicacee che crescono tutto l’anno.

Le mie piante preferite sono i grossi meloni gialli (melonieddu si dice in calabrese?) dolcissimi.

Sulla nostra destra, oltre uno steccato di legno, un asino ci vede e vuol farsi accarezzare.

Io e Isabella ci avviciniamo e zzz… prendiamo la scossa che era intesa per lui.

Ci segue di là dallo steccato mentre camminiamo fino a un allevamento con una piccola stalla aperta, dove le vacche ci vengono incontro per salutare.

Di fronte nei truogoli si trovano dei bei maiali, è proprio ricca questa zona.

Infine raggiungiamo sotto il sole cocente Ferramonti di Tarsia, il campo d’internamento più grande d’Italia, un luogo che proprio non mi aspettavo. La visita guidata è utilissima!

Fuori dal campo un baretto senza pretese ci accoglie dopo la visita, il gestore ci fa un pranzetto al volo che inizia con i sottoli (troppo buoni), per continuare con spaghetti al pomodoro, oppure aglio olio e peperoncino. Memorabile! Anche oggi niente panini e niente dieta anzi, dopo pranzo riposiamo sul pulmino fino alla tappa culturale successiva. Proseguendo verso sud ci allontaniamo da Cosenza e troviamo altri corsi d’acqua sul nostro cammino. Oggi e domani il fiume Savuto ci farà compagnia con il suo grosso carico, di acqua… e di storia.

ROGLIANO

Un paese più grande degli altri che abbiamo visitato, con quasi 6000 abitanti, a 340 metri slm in vista della Sila con i suoi boschi e ambienti incontaminati. Questo è Rogliano, centro abitato dai Brettii ancora prima dei Romani, oggi di impronta barocca perché fu distrutto nel 1638 da un disastroso terremoto.

I cinque rioni che compongono il centro storico si trovano nello stemma del paese, un fiore a cinque petali.

Iniziamo la visita guidata da Piazza San Domenico dove una lunga scalinata porta al palazzo comunale, ex convento domenicano, e alla chiesa omonima.

Sono circa dieci le chiese da visitare, assieme ai palazzi nobiliari che si susseguono sul viale principale, una bella scoperta assieme alle sculture di autori contemporanei, grandi e piccole, di diversi materiali, che ne animano le vie. Un bel modo di far convivere antico e moderno.

Ne ho fotografate parecchie ma ce ne sono molte di più. Ho la passione di ritrarre anche la gente intenta nelle attività quotidiane, qui c’è da sbizzarrirsi fra i miei compagni di viaggio e i locali, di tutte le età.

CASCATE DI CANNAVINA

Se pensate che abbiamo finito di camminare vi sbagliate però io pigramente mi unisco al team birretta, la metà del gruppo che preferisce indugiare nel baretto sulla piazza, mentre la metà tosta parte per due ore di trekking nel bosco. Destinazione: le cascate di Cannavina, un luogo più che selvaggio che io vedo con una passeggiata per raggiungerli, più che sufficiente. Chi siamo?

Per la birretta gli amici toscani Gianfranco e Leonardo, io e l’autista Giuseppe.

Per il trekking Isabella, Cristina ed Emilio, più il nostro capo Ferdinando e la guida.

La strada per arrivare in auto al punto di arrivo è stretta, impervia, in parte sterrata. A un certo punto il cellulare non prende più. Così invece di chiamarli per telefono, per sapere dove sono e quando arrivano, mandiamo un vero messaggio vocale, il vecchio metodo sempre valido. Yuhuu, dove siete? Sentiamo l’eco…

Le nostre voci rimbombano da una parte all’altra della vallata, si insinuano nella fitta boscaglia, e niente più.

In fondo alla valle il piccolo fiume Cannavina si immette nel Savuto, accanto a noi si erge il ponte medievale di Tavolaria, costruito in pietra e in perfetta forma. I toscanacci ci passano su e giù, avanti e indietro.

Io li guardo e li fotografo, più che sufficiente.

Mi fa paura questo vecchio ponte e mi sono divertita abbastanza a raggiungere le due cascatelle fra sentieri poco visibili e ponticelli in legno. Hanno una discreta portata e l’acqua è fredda ma pulita, soprattutto l’ ambiente circostante è incontaminato. Questa è una bella gita, anche nella mia modalità da pensionata.

Il fiume Savuto è attraversato da quattro antichi ponti, oltre a questo ce ne sono altri due di epoca medievale, e uno di epoca romana, il più famoso, che vedremo domattina.

Ricominciamo a mandare messaggi vocali che si perdono nell’aria. Yuhuu, dove siete? Yuhuu… Yuhuu…

A forza di chiamarli, alla fine sentiamo le voci degli amici in arrivo, poi li vediamo. Salgono per il sentiero verso di noi, con le facce stanche ma soddisfatte. Sono le cinque passate e il sole sta scendendo verso l’orizzonte.

Fra poco farà buio, uno spicchio di luna si leva nel cielo azzurro, molto suggestivo ma non abbastanza per illuminarci. Sulla cartina vediamo le poche strade che collegano i paesi, tutto è bosco qui.

Risaliamo sul pulmino per andare nel paese dove dormiremo e dove ci aspetta… il sindaco.

SCIGLIANO

Raffaele Pane ci accoglie e ci racconta il suo paese nella sala consiliare, dove si vede il cielo acceso di rosso fuoco, in un tramonto memorabile.

Consegna a ciascuno di noi una borsa di tela con prodotti locali fra cui il pregiato vino bianco del Savuto, prodotto nel locale istituto agrario. Ci facciamo il selfie di rito accanto allo stemma del paese.

Altitudine 650 metri slm, abitanti 1200, Scigliano è uno scrigno di bellezze: quelle naturali date dalla Sila e dai diversi ambienti che si trovano sulle sue pendici, quelle storiche distribuite su un arco temporale di millenni.

Ci aspettano al BB prenotato ma noi invece andiamo in chiesa, una delle venti del paese.

Visitiamo San Giuseppe che a fronte della semplice facciata ha un interno ben più interessante e ricco di opere d’arte di varie epoche. Fra queste l’altar maggiore gotico e il grande organo in legno, a cui si accede da una strettissima scala a chiocciola.

Pure oggi mangiamo benissimo. Il ristorantino scelto per la cena è semplicissimo ma oltre alla qualità delle pietanze, e a questo punto anche del vino, la nostra serata è allietata dai locali fra cui Raffaele, il titolare del BB Calabria, che ci stava aspettando dal pomeriggio. Il suo lavoro principale è legato a un prodotto pregiatissimo della zona, è infatti uno dei maggiori produttori italiani di fichi secchi.

Vi sono fichi per tutti i gusti e li assaggiamo in varie declinazioni. Da soli, sulla crostata, farciti con frutta secca.

Con una filiera corta e quasi a chilometro zero, con l’abbondanza di materia prima che necessita di poca manutenzione e una trasformazione tutto sommato semplice, la provincia di Cosenza primeggia nella produzione di questo frutto spontaneo che adoro.

Mi faccio raccontare come la tecnologia ha aiutato a rendere i fichi secchi un prodotto moderno e sicuro.

Le richieste superano di gran lunga l’offerta e molti fichi trasformati prendono la via dell’esportazione.

In America ci sono tanti oriundi calabresi che si occupano di ristorazione, un grande volano economico per il cibo made in Italy in generale, e in Calabria in particolare!

Guardate questa giornata con gli occhi di Leonardo:

C’è un gran silenzio stamattina in paese. Sembra che se ne siano andati tutti. Ma non è vero. Sono a Scigliano sotto Cosenza che visiteremo tra due giorni. Ho la piccola Sila alle spalle ed il Tirreno di Amantea ad ovest. Ieri eravamo a Tarsia. È un nome di persona. È di origine greca, ovvio. Mi fa ricordare Tiresia, quello del mito e quello di Camilleri. Eravamo a due passi dalla piana di Sibari, la grande città dei coloni greci ed il porto fluviale sul Crati, unico vero fiume di Calabria, su cui rullavano a valle il legname ed i barili di pece della Sila per le navi romane. Questo continuo richiamo alle origini antiche lo trovi la sera nelle tavolate – sindaco incluso – di cui continuiamo a godere, piene di buon cibo ed ospitalità. A Tarsia, camminando lungo il Crati, visitiamo il campo di ebrei, zingari, cinesi (!), concentrati in questa piana in obbedienza alle leggi razziali del 1938. Furono liberati dagli inglesi il 15/9/1943. In un bar lì fuori ci hanno preparato spaghetti e pomarola !!! Peccato che su Facebook non si possa condividere il sapore “da sinfonia” di questi pomodori. Il Sig Zuckerberg, per fare questo, dovrebbe costruire un algoritmo subliminale. Sarebbe il suo trionfo! Poi la cascate ed un antico ponte medievale molto suggestivo dove è passato Garibaldi già ferito in Aspromonte. Oggi, continuando il cammino lungo la via Popilia, vedremo il ponte romano intatto che è il simbolo di questa associazione di avanguardie del turismo lento in Calabria che ci sta sorprendendo ed entusiasmando ogni giorno.

Le tappe dell’itinerario a piedi

  • Tappa N 4 Tarsia – Torano Castello Stazione km 15
  • Tappa N 5 Torano Castello Stazione – Montalto Uffugo Taverna – Rende Quattromiglia km 23
  • Tappa N 6 Rende Quattromiglia – Cosenza Busento – Bivio Donnici – Piano Lago km 22
  • Tappa N 7 Piano Lago – Rogliano – Carpanzano – Ponte romano sul fiume Savuto km 29

Su Facebook il racconto e le immagini di oggi

08 10

Tarsia si visita in un’oretta a piedi tra edifici antichi, vicoli e piazzette con un’ampia vista a valle, il lago omonimo e una pianura ubertosa, intensamente coltivata a cereali e ortofrutta. Fichi d’india con i frutti ben maturi colorano la nostra discesa passando per le grotte, adibite a ricovero per animali fino a 40 anni fa. E poi raggiungiamo a piedi sotto il sole cocente un luogo che proprio non mi aspettavo. Il campo d’internamento più grande d’Italia dove vissero, e non morirono, migliaia di ebrei. Si chiama Ferramonti e mi ha lasciato una sensazione di pace più che di oppressione, perché in qualche modo ha rappresentato una speranza di vita per gli ebrei durante i tre anni di apertura, e poi di riscatto fino a diventare oggi un simbolo per tutti. Si celebrano sia l’anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, sia le festività ebraiche, infatti è un punto di riferimento per la comunità di Bagnara Calabra #presstour #incollaborazionecon #Laviapopilia day 4

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Pomeriggio a Rogliano e Scigliano passando per la cascata di Cannavina e il ponte medievale, tra scenari selvaggi, silenzi assordanti e una natura ancora pienamente attiva. Metà del gruppo ha raggiunto la cascata a piedi dal paese, due ore in stile Indiana Jones. L’altra metà gruppo, dopo una birretta pomeridiana, sul pulmino guidato dal nostro autista super che si chiama Giuseppe. Indovinate con chi stavo io??? Il più è fatto, ci attendono solo altri due giorni di cammino! Ieri ho arricchito la mia collezione con ben due #selfiecolsindaco uno è appunto il primo cittadino di Scigliano e si chiama Raffaele Pane. L’altro governa Tarsia e si chiama Roberto Ameruso. Gente brava, tosta, che ama la sua terra e cerca di valorizzarla in primis migliorando la qualità della vita dei concittadini, per il bene della comunità locale e per la gioia dei visitatori come noi che non ci facciamo sfuggire nulla. Piccoli splendidi paesi con 2000 – 3000 abitanti pieni di bellezze. Chissà cosa ci faranno vedere oggi gli amici calabresi??? #presstour #incollaborazionecon #Laviapopilia day 4

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