Amman, Giordania, maggio 2012


Oggi la mia parrucchiera si chiama Adwaa e viene dall’Iraq. Anzi da Baghdad sostiene, con tutto il carico di immagini che mi evoca la capitale irachena e con tutte le domande annesse che vorrei farle, anche o forse proprio perché in Iraq non sono stata: cosa ci fai e da quanto tempo stai qui, ti piace, vorresti tornare…
Invece niente domande, mi accontento di guardarla per cercare, dentro quegli occhi verdi così vivi e tra le pieghe delle piccole rughe che li solcano, di conoscerla un po’, al di là della barriera linguistica arabo – inglese – italiano che ci impedirà di avere una vera conversazione. Adwaa ha la pelle olivastra e dei lineamenti familiari che mi ricordano altri visi, altri viaggi in giro per il mondo.


Oggi sono ad Amman, la capitale della Giordania che mi ospita per la terza volta alla fine di un bellissimo viaggio, dove ho visitato Israele e poi appunto la Giordania, un Paese che nel suo piccolo è sempre carico di sorprese. Siamo in primavera ma qui c’è già l’atmosfera dell’estate, il sole picchia dalle otto di mattina e io, ostinata, cerco di prenderlo tutto prevedendo che poi in Italia avrò ben poco tempo per abbronzarmi. Con altrettanta ostinazione ho cercato per giorni un “Fi coiffeur”, parrucchiere per signora, dove farmi bella prima del rientro in Italia, secondo un’abitudine che ho preso sin dai primi viaggi in terre lontane.


Quando andavo in giro per lavoro, infatti, poteva capitare che in occasione di una bella serata in compagnia desiderassi essere perfettamente a posto a partire dalla testa, come solo un parrucchiere sa fare. La prima volta ero in Venezuela, correva l’anno 1996, mi sono divertita tanto che poi ho continuato a farmi tagliare i capelli a ogni viaggio accumulando esperienze sempre divertenti e istruttive.


Il coiffeur di oggi si trova proprio dietro l’hotel dove alloggio col mio gruppo, a Jebel Amman. Vi trovo quattro donne: Rehab, Sahar e Fatma, naturalmente oltre ad Adwaa. Tra shampoo, colore, taglio e piega non disdegnano di fumare una sigaretta, chiacchierando come si fa tra amiche, quel che succede credo in tutti i coiffeur del mondo. Una signora arrivata prima di me porta il velo nero, che toglie solo per il tempo del taglio e poi indossa nuovamente con orgoglio prima di uscire. Questo mi piace del tempo che trascorro dal parrucchiere: è sempre un modo soft di entrare nell’universo femminile che per certi versi, la chiacchiera, l’intimità, i sorrisi, il volersi bene con questi piccoli gesti ancestrali è così simile dovunque vada, ma in questi Paesi è ancora più vero, è un po’ come entrare nella loro casa.
Nell’arredamento semplice spiccano gli accessori, i prodotti professionali di marca e soprattutto i cataloghi da cui trarre le indicazioni anche per il mio taglio. Quanto li vuoi tagliare? Mi chiede Adwaa. Così le mostro, tenendo allineate le dita di una mano. Dritti dietro, ma se possibile così, simulando la scalatura ai lati del viso. Ah, dégradé? Fantastico, non avevo ancora pensato al bel significato del digradare, ma in francese tutto ha un sapore più carino. Ci intendiamo con poche parole, tanti gesti, sguardi e sorrisi, poi scorgo il suo tocco di classe: lo smalto rosso con dei fiorellini dorati disegnati solo su alcune dita delle mani. Chissà chi glie l’avrà fatto??


Pochi tagli netti sono sufficienti a mettermi la testa in ordine, poi tocca ai ciuffi sopra la testa, legati opportunamente con le pinze, e davanti. Dégradé, scalato, che bella parola. Con due colpi di phon mi ritrovo tutta in ordine, profumata e con una pettinatura adeguata, pronta per uscire sorridente e andare a cena, l’ultima cena con il gruppo, che consumeremo in un ristorante elegante della capitale. Sono così contenta che provo a chiedere se le tre donne rimaste gradiscono un tè o un caffè, ma purtroppo dicono di no. Vorrei chiacchierare con loro ma non si può, hanno da fare, così pago, ringrazio e ci salutiamo con un bel sorriso.


Salgo in hotel, nella mia stanza metto in ordine i bagagli prima del viaggio di ritorno che l’indomani ci riporterà in Italia. Mi affretto sapendo che in un’oretta potrei scendere in centro e fare gli ultimi acquisti, ma proprio quando sarei pronta per uscire mi bussano due compagni di viaggio, una coppia di ritorno dallo shopping, vogliono mostrarmi i souvenir acquistati, che belle cose! Io cerco di sfoggiare il nuovo taglio davanti a loro, piace l’idea ma soprattutto piace la convenienza, un aspetto poco rilevante ma presente, infatti per shampoo, taglio e piega me la sono cavata con l’equivalente di 10 euro. Così scendiamo insieme al “Fi coiffeur” affinché anche la mia amica si faccia tagliare i capelli. Entriamo io, lei e infine il suo ragazzo, facce inorridite, NO lui non può entrare, fuori! Temevo tale reazione ma non ho voluto dir loro nulla, bene o male siamo in un Paese islamico e questa regola va rispettata. E dopo mezz’ora pure lei esce con una bella capigliatura nuova, tutta liscia e vaporosa, merito di Adwaa.


A breve racconterò le mie avventure dai coiffeur incontrati negli ultimi viaggi. Tutti questi bei posti sono accomunati dall’essenza, sono posti fatti da donne per le donne.


A Kassala, in Sudan, a gennaio 2012 ho pensato che fosse molto più caratteristico cercare di tagliarmi i capelli in questa città invece che nella capitale, e inconsciamente sono incappata in un vero salone di bellezza in stile… indiano!

O a Sainshand, in Mongolia, a luglio 2011, anche qui ho trovato il parrucchiere nel posto più lontano e hanno tolto la corrente ben tre volte durante la mia permanenza. A Luxor, in Egitto, a gennaio 2011 ero circondata da donne velate che sorridevano con gli occhi e mi volevano parlare. A Dali, nello Yunnan, in Cina nell’agosto 2009 ho avuto un parrucchiere uomo che per prima cosa mi stese su un lettino di bambù per lavarmi i capelli, poi mi fece un fantastico massaggio alla testa e infine mi fotografò più volte la nuca con un cellulare modernissimo per poi mostrarmi il suo lavoro. Intorno a noi entravano e uscivano donne Bai, l’etnia locale, che indossavano i costumi tradizionali. E poi la Tunisia, il Marocco, il Venezuela, la Giamaica e Cuba, ma solo per le treccine. A presto!

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4 comments

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Come il solito ho apprezzato anche questo tuo racconto, complimenti e……….aspettandone altri ti mando un grande saluto ciao ciao Ettore

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tremanti ringraziamenti (miei) ma ora basta scosse!!!!!!! 🙂

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…. non avevo mai riflettuto ad entrare dentro una civiltà attraverso la porta di un coiffeur …. grazie anche della bella lettura

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ma certo carissima cri! solo che tu sei abituata bene, lo so, se avremo la fortuna di viaggiare ancora insieme ti porterò dal coiffeur locale e vedrai come ci divertiremo (oltre al bagno turco e le altre cose che ci piacciono tanto) CIAO

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