Questa è la giornata più impegnativa. Venerdì mattina alle 5 siamo sul pulmino ed alle 6 vediamo un’alba eccezionale in quota, con la luce del sole che rischiara lentamente le montagne. Due bambini meticci ci corrono incontro chiedendoci dei biscotti, vivono in una baracca con tetto di paglia e sono vestiti con due straccetti mentre noi siamo coperti da alta montagna (sul vulcano a 2800 metri farà freddo di sicuro), eppure anche loro sorridono sempre.

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Partiamo per la salita in 11, ma io so che tornerò presto a valle dato il mio scarsissimo allenamento.

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Poco male, percorro la parte più facile e bella ed al primo cenno di salita ripida torno indietro, insieme a Manu che ancora risente della gita in barca di ieri.

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Lo scenario imponente e maestoso ha colori che non avevo mai visto, tutte le tonalità del rosso, marrone, grigio e nero ed un rincorrersi di colate di lava, rocce sputate fuori dalla bocca del vulcano, ghiaia nera.

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La ghiaia ha una consistenza particolare e camminando faccio rumore come se fossi su un nevaio!

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Il cielo è dapprima blu, ma poi salgono dalla valle delle nuvole.

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Meno male, la terra ha molto bisogno di umidità anche se piove pochissimo, ed il suolo è ugualmente fertile perché le pendici del vulcano sono coltivate con le specie tipiche di Fogo: viti, mele, fichi e mele cotogne.

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In attesa dei nove scalatori rimasti ci ritroviamo in quattro donne a chiacchierare, all’ombra della “cantina sociale”. La ragazza che ci serve da bere racconta che qui la vita è dura ma tutti si danno da fare, le donne lavorano e si aiutano l’una con l’altra, come sempre iniziano presto a far figli: un uomo della valle ne ha avuti ben 35.

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Noi ci guardiamo esterrefatte e lei capisce il nostro stupore, così si corregge: li ha avuti con quattro donne diverse, allora sì la faccenda cambia! PAM PAM PAM dico io facendo un gesto eloquente, e scoppiamo a ridere. Dopo le due arrivano gli altri, raccontano episodi differenti ma concordano nel dire che la scalata dà soddisfazione ma è anche difficile e i panorami non sono eccezionali.

Sabato, preparati i bagagli per il volo del pomeriggio che ci porterà a visitare l’isola di Santiago e la capitale Praia, vorremmo andare alle missioni dei padri cappuccini e fare il bagno nella rinomata spiaggia di Salinas, ma le leggi di Murphy si accaniscono contro di noi perché ben presto inizia una pioggia scrosciante tanto che vediamo solo il cimitero presso la missione, su una collina digradante sull’oceano e circondato da un frutteto.

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Le piccole croci a terra sono colorate, accanto alla foto c’è sempre una frase in ricordo di chi è venuto a mancare. Marina è contentissima, lei ha sempre la fissa di visitare i cimiteri ed ora che l’abbiamo accontentata sta buona per un paio di giorni. Anche a São Felipe continua a piovere a dirotto, per la gioia dei capoverdiani che saltano fuori dalle case gridando Chove, chove! confermando che l’acqua è un bene prezioso. Lasciamo Fogo a malincuore e passiamo tre ore all’aeroporto, nell’attesa estenuante del nostro aereo che non arriva mai. Mezz’ora di volo basta per raggiungere Santiago che atterrando si presenta tutta colorata di rosa al tramonto, ma una volta scesi dall’aereo Praia si rivela una cittadina ex coloniale abbandonata a se stessa da quando i Portoghesi lasciarono Capo Verde, nel 1975. Per le strade c’è molto caos e sporcizia, un sacco di bambini all’apparenza soli ci vengono addosso chiedendoci l’elemosina o si offrono di portarci le valigie, ma chi si fida? Questa è davvero l’isola più africana di Capoverde, non in senso dispregiativo ma solo perché tutto è incasinato e disorganizzato. Peccato perché alcuni edifici sono interessanti e se il mercato fosse curato avrei più voglia di visitarlo.

Domenica andiamo al forte portoghese di Ribeira Grande, un tempo chiamata Cidade Velha, situato in un canyon su un versante strategico dell’isola, e a un bel giardino botanico dove possiamo entrare liberamente, peccato che la guardia all’ingresso non sappia dirci nulla delle piante coltivate. Siamo fortunati, è appena passato un temporale e tutto – la terra, le colline ed il cielo – assume le tonalità brillanti di blu, verde e marrone; l’aria pulita sa di muschio bagnato, odore caratteristico delle zone tropicali.

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