San Silvestro si apre con lo spostamento delle stanze, io e Alessandro passiamo dalla maledetta 402 alla ghiacciata 320. Dopo colazione, e visto i resoconti su quanto visitato ieri, noi soliti 4 e la famigliola puntiamo sullo Zoo, da lì con il bus 200 raggiungiamo Unter den Linden e, a piedi, arriviamo sulla bella ed elegante Friedrichstrasse. Passiamo davanti alle Galeries Lafayette, rinforziamo la colazione con un altro caffè per poi puntare sulla nostra meta odierna, il Checkpoint Charlie, posto di controllo C degli americani e confine fra le 2 Berlino per tanti, troppi anni. Prima di arrivare al gabbiotto di legno, con i regolamentari sacchi di sabbia dinanzi, ai due lati della via si scorgono un centinaio di croci con le foto e generalità degli uomini e donne, giovani e anziani, che negli anni della Guerra fredda tentarono di oltrepassare il confine, anche prima della costruzione del Muro; di questo rimane solo un simbolico surrogato tutto imbiancato a fianco delle croci. Intorno tante bancarelle vendono gli oggetti più improbabili, colbacchi, orologi e decorazioni della parte orientale. Proprio a fianco della torretta di guardia del Checkpoint Charlie, sorge un palazzo che ospita il Museo del Muro, nato subito dopo la sua costruzione, nel 1962. Nei 2 piani dell’edificio scorriamo una breve ricostruzione di cosa ha significato per i berlinesi, e non solo, la divisione della città, durata dal 1946 al 1989. Un documentario illustra anche il fatto forse più eclatante dell’intera Guerra Fredda, avvenuto proprio in questo punto del mondo, quando nell’ottobre 1961 carri armati statunitensi e sovietici si fronteggiarono. La maggior parte dei reperti riguarda i tentativi, poche volte riusciti, di evadere dall’Est, fra cui ricordo una macchina tipo Fiat Topolino con una persona raggomitolata dentro, sommergibili e aerostati fatti in casa, un anno di lavoro per scavare un tunnel di 15 metri, utilizzato per soli 2 giorni, che però portò all’Ovest 57 disperati, il carrello della spesa di un’intraprendente mammina per “espatriare” il figlio di 4 anni. Altre sale sono dedicate alle nazioni “sorelle” della vecchia DDR, accomunate dal fatto di trovarsi oltre la Cortina di Ferro, ed ai simboli della loro liberazione: la Primavera di Praga, Solidarnosch, la caduta di Ceausescu. Alla fine, superato anche il negozio di souvenir che vende improbabili pezzi di muro, incrociamo la famigliola.

Alle 15 torniamo alle Galeries Lafayette passeggiando sotto la pioggia, ma essendo l’ultimo giorno dell’anno è chiuso, così con calma e senza volontà alcuna ci ritroviamo in quella che è citata come la più bella piazza di Berlino: la Gendarmenmarkt. Il centro occupato dalle tende, la maggior parte delle quali riscaldate, ospita un famoso mercatino artigianale natalizio che offre tanti spunti per regalini da scambiarsi in questi giorni; in mezzo c’è un palcoscenico dove si susseguono gruppi di musicisti che ci dilettano con una gradevole musica jazz. Ai lati della piazza ci sono 2 Chiese con cupole gemelle, rispettivamente il Duomo dei Francesi e dei Tedeschi, al centro c’è il monumento marmoreo dedicato a Schiller e la sala per concerti (Schauspielhaus), l’opera principale e coreografico sfondo dell’intera piazza; dall’eleganza di alcuni passanti pare che vi si stia tenendo un concerto. Alle 5 torniamo in albergo per predisporre la lunga nottata: c’è chi intende passare il Capodanno davanti alla TV, spaventato dai tanti mortaretti per le strade, chi vuole portarsi subito nei pressi della Porta di Brandeburgo per essere già là presto, e la maggioranza che vorrebbe mangiare nei pressi della pensione per poi spostarci in un secondo tempo verso il clou delle celebrazioni. Così mentre la famigliola e Rosaria si imbarcano verso il centro della città fra i mortaretti che continuano a scoppiarci tra i piedi, ci accomodiamo in un ristorante vicino alla pensione. Gustiamo la solita cena carnivora con piatti decisamente buoni, approfittando per fare conoscenza con chi abbiamo frequentato di meno come Rosanna la broker di Genova, amante dei gatti, anche se li preferisce alla maniera di Farinelli. Alle 23 le sciure rientrano, noi raggiungiamo Alexanderplatz da dove, tra un’immensa fiumana di gente, ci involiamo su Unter den Linden per giungere all’appuntamento con gli altri al bar di ghiaccio montato dietro la Porta. L’andatura che io e Roberta impostiamo crea un distacco con gli altri, poi a soli 200m dalla porta il blocco della circolazione ci fa capire che il nostro gruppo passerà il Capodanno in gruppetti separati. A farci gradita compagnia sono le migliaia di berlinesi e di turisti che affollano lo splendido viale, assieme a loro brindiamo con un buon calice di prosecco. Assistiamo a balletti improvvisati, esibizioni di fuochi artificiali da parte di gente gialla (hanno inventato loro la polvere da sparo, no?), mortaretti che scoppiano ad altezza polpaccio, bottiglie rotte, ma nessun ubriaco e manco una rissa, solo alle 2 riusciamo ad aggirare la Porta mentre sui palchi sorti lungo la Strasse des 17 Juni c’è un susseguirsi di note gioiose degli anni ruggenti tipo “Stand by me”; ne approfittiamo per fare il primo acquisto dell’anno: una t-shirt molto berlinese con disegnata la “Brandeburg Tor”. Sono quasi le 4 quando, dopo il viale, giungiamo a prendere la S-bahn, una sola fermata e siamo allo Zoo da dove il solito bus 109 ci riporta in zona pensione; qui per fortuna sono quasi tutti rientrati da pochissimo: Luisa ci apre il portone, Marietta ed Alessandro la stanza. Saluti di Buon Anno, baci, e tutti a nanna.

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