Ho stretto più mani nelle due settimane trascorse in Sudan che in tutto l’anno in Italia: mani piccole e grandi, mani calde e fredde, mani ferme e tremanti, mani lisce e rugose.

Ho salutato tutte le persone che trovavo sul mio cammino con un gesto della mano, quelle che dalla strada, o da un’auto in corsa accanto a noi, incrociavo con lo sguardo.

Guardandomi mi dicevano “Ehi ciao, che ci fai in questa terra arida, arsa dal sole tutto l’anno, sferzata da tanto vento, bagnata da poca pioggia? Se sei qui per il petrolio ok, per i diamanti e le altre risorse celate nel sottosuolo ok, ma che altro potresti venire a fare in Sudan?” E io a spiegare che stavo facendo un tour nella Nubia, la favolosa terra a sud dell’Egitto che, prima ancora dei Faraoni, fioriva di commerci e attività con tutto il continente, la penisola arabica e l’Europa.

Ho scambiato poche ma significative parole con tutti, fino a salutarci con un abbraccio sentito.

Ho visto il sorriso nei volti della gente che vive con poco ma va sempre avanti, che trasporta i prodotti della terra a dorso d’asino come si faceva da noi decenni fa, con una lentezza inimmaginabile nella nostra società. Ho visto persone di tutte le età costruirsi una nuova casa con le proprie mani, iniziando dai mattoni di fango seccati al sole. Tanto lo spazio c’è, la materia prima non manca, e soprattutto siamo in Africa, dove il tempo non ha importanza.

Ho visto impastare il pane con le mani, mescolare l’insalata – pomodori, cetrioli, cipolle, peperoncini, lime – con le mani, per poi portarla alla bocca in una taschina di pane, rigorosamente senza posate né tovaglioli come piace a me.
Il volto e le mani sono le parti del corpo che, negli uomini come nelle donne, restano più spesso scoperte: senza essere esibite né nascoste, senza inutili pudori, senza paura se per un attimo il vento scopre i capelli sotto un turbante bianco o sotto il velo, lungo e coloratissimo, che tutte le donne sudanesi portano sin dai primi anni di vita.

Ho battuto le mani insieme ai bambini della scuola di Mulwad, felici di conoscerci almeno quanto le loro quattro maestre che, per prime, ci hanno fatto entrare nel cortile della scuola per un gradito fuori programma.


Ho fotografato mani ingioiellate come quelle della ragazza di Kerma, dipinte con elaborate decorazioni dai motivi più diversi, eseguite con henné rosso o nero.


E ora che sono tornata in Italia piena di pensieri, travolta dai ricordi e dalle emozioni di questo viaggio speciale, ho anch’io le mani decorate, con un motivo che non resterà, temporaneo come le cose della mia vita ma non per questo meno bello. Salaam Sudan (continua).

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Salaam Sudan

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13 comments

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bello ed emozionante, grazie per condividere. E’ la vita che scorre lenta cosi’ come in alcuni luoghi dell’America Latina che ho avuto la fortuna di conoscere. In Africa non sono mai stato ma tanta Africa ho conosciuto per le vie e le periferie del mondo. Spero un giorno di chiudere il cerchio ed arrivare li, per il momento ti seguo e condivido, Cheers Marco

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Bello il racconto del tuo viaggio in Sudan, sei proprio una che ama questi viaggi avventurosi perchè tali io li considero, e sicuramente lo sono. Parla uno che, data l’età, fa vacanze tranquille all’insegna del relax e della tranquillità.
Complimenti davvero e aspetto di vedere le foto ! ciao ciao Ettore

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gentilissimo ettore!! con calma arriveranno nuovi post su questo e altri viaggi, tu invece che mi dici se nomino la CONCORDIA?? a presto su questi schermi e un abbraccio a te e famiglia – roberta

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X MARCO – ti devo confessare una cosa… la frase IL TEMPO NON HA IMPORTANZA viene proprio dall’america latina, non quella profonda dell’amazzonia, delle pampas o delle ande, ma sarà oggetto di un post specifico dove mi divertirò a zompettare tra un continente e l’altro in attesa di visitare il quinto e + lontano, quello che mi manca 🙂
sul sudan ho pensato di scrivere piano piano dedicandomi alle varie parti del corpo, le mani sono in assoluto quelle che mi hanno più colpito ma seguiranno VISI e PIEDI, ne leggerete delle belle…
E AGGIUNGO – ci sarà anche una storia tutta italiana che deve riempirci di orgoglio, proprio x essere italiani e avere messo in piedi una piccola grande opera meravigliosa proprio laggiù.

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MOLTO meglio con le foto!!!

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Robi, questo post è grandioso. è il sigificato del viaggio. non si viaggia con le gambe (tanto meno con la macchina fotografica) ma con la testa e col CUORE. e senza cuore quello che hai visto, sentito e percepito tu in Sudan non si può notare!! sei una grande viaggiatrice!!

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tu chiamale se vuoi… emozioni, come cantava il grande lucio battisti. cara silvia oggi sono già alla tastiera, scriverò quasi tutto il giorno, devo mettermi alla pari con l’oziosa domenica di ieri. tutto bene in toscana? quando sali in pad…. ehm nel gelido nord?

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Sono appena approdata al tuo blog…. e questo racconto è sicuramente un buon biglietto di presentazione… il tuo racconto è veramente molto coinvolgente e passionale … quindi da oggi hai una persona in più al tuo seguito… Complimenti!!

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grazie davvero paola… sono perfettamente consapevole di scrivere (soprattutto) x me ma i complimenti fanno molto piacere, sempre. stay tuned che qui ogni giorno ne nasce una nuova 🙂

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Grazie dell’invito gamberettarossa, ma lo sai che il secondo paese preferito da Manu = uccelli dopo la Polinesia e’ lo Yemen, che ho visitato ben 5 volte, ma senza mai passare a Bir Ali, l’ho solamente sorvolato, ahimè !
Speriamo di poterci passare presto…
http://ilgrandesognodimanu.wordpress.com/2012/02/17/concludendo e’ il mio ultimo post, per ora!

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carissima “collega” è un peccato che tu non sia stata a bir ali così come x me è un “minus” non essere andata (ancora) a socotra. speriamo di provvedere presto INSHALLA

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bellissimo!!!!

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