Trovo sempre interessante, nei miei viaggi, scoprire antiche rovine romane e ripensare alla potenza che ebbero i nostri progenitori su entrambe le sponde del Mediterraneo, Volubilis non è affatto da meno. A pochi chilometri da Moulay Idriss si intravvedono colonnati ben conservati, sono le 15, l’aria si è fatta finalmente tiepida e il cielo è ancora più blu. Da questo sito il profilo bianco di Moulay Idriss ricorda un cammello accovacciato, con una grossa gobba e una piccola testa. Io vorrei visitarla con una tranquilla passeggiata ma una guida ufficiosa ci si avvicina e si propone di accompagnarci allo stesso costo del biglietto d’ingresso. I siti che visitiamo hanno tutti lo stesso prezzo, 10 DH a testa. I miei ragazzi chiedono a gran voce di avere la guida e in effetti, nonostante la mia generica riluttanza a questi servizi, ci va bene – in un’ora e mezza giriamo per tutto il sito, almeno la parte scavata e riportata alla luce, anche se molti altri tesori giacciono ancora sotto terra, inesplorati.
Il nome stesso di Volubilis ricorda la bellezza nascosta di un fiore come il convolvolo, che si apre ogni mattina alla luce del sole per richiudersi poi la sera. La fortuna di questa città durò solo dalla sua fondazione nel terzo secolo, alla decadenza nell’ottavo secolo proprio ad opera di Moulay Idriss . Fra terremoti e spoliazioni successive, che hanno portato in vari musei la maggior parte dei reperti, si è messo mano a dei veri e propri restauri solo da qualche decina d’anni.
Volubilis era estesa per decine di ettari e come le altre grandi città romane aveva zone ben caratterizzate per il culto, aree commerciali e residenziali, suddivise principalmente dal cardo e decumano, le vie di transito principali. Palazzi e monumenti sono stati costruiti con utilizzo abbondante di marmo di Carrara ed altri preziosi materiali, oggi possiamo cogliere solo in parte questa magnificenza ma tutto sommato le rovine sono in buono stato di conservazione. Lunghi colonnati portano stupendi capitelli ionici, dorici e corinzi, mentre le case patrizie sono pavimentate con splendidi mosaici che ritraggono scene mitologiche, e alcune sale mostrano colonne tortili e scanalate. La campagna circostante brilla di un verde intenso, contrapposto al verde chiaro degli ulivi e delle agavi. Grazie alle forti piogge dei giorni scorsi ci sono addirittura fiorellini colorati sui prati, un setting inusuale per questa stagione.
Dopo una breve pausa caffè riprendiamo il bus alla volta della bellissima Fes, arriviamo col buio e con molte diverse esigenze da conciliare. Ho infatti avuto la malaugurata idea d’informare il gruppo che c’è l’hammam in hotel: interessa molti di noi ma ci farebbe uscire tardi per la cena. Siamo sistemati molto bene ma fuori dalla città e il ristorantino che mi consigliano le relazioni non è raggiungibile a piedi. Per decidere sul da farsi perdiamo tempo, poi metà gruppo capisce un orario d’uscita e metà un altro orario, di fatto ci aspettiamo a vicenda, usciamo tardi e con qualche mugugno. Per fortuna l’autista ci porta subito a fare un breve tour della città murata con i suoi palazzi illuminati, e a cena finalmente assaggiamo couscous e tajine. Non ci servono birra ma, al rientro in hotel, ci fermiamo nel lounge bar che serve alcolici e, a mezzanotte, andiamo a dormire.

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