Mi piace intitolare il racconto del blogtour a Pistoia con queste citazioni, perché le frasi d’altri tempi o gli slogan di vecchie campagne pubblicitarie dicono molto sui nostri stili di vita, com’erano e come sono cambiati.

Seguo da anni la storia delle principali bevande che allietano i vari momenti della giornata. L’acqua come fluido necessario alla vita è in verità così scontata che mi preoccupo soprattutto di bere acqua buona, possibilmente del rubinetto. Potrei parlare per ore del vino, della birra, del tè. Oggi invece parlo del caffè, partendo proprio dal prodotto finito.

Venerdì mattina infatti visitiamo Moka Jenne, uno storico e brillante produttore di caffè di Pistoia, che letteralmente ci prende per mano per una prima esperienza diretta: fare il caffè e il cappuccino.

Una torrefazione è un’azienda che trasforma il caffè crudo, i chicchi verdi, nei chicchi scuri e profumati che maciniamo e mettiamo nelle macchinette di casa o nella macchina espresso.

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La tradizione del caffè in Italia inizia nel XXVII secolo in due città, Venezia e Firenze, che sono ancor oggi sede di caffè storici, luoghi eleganti dove degustare l’ottima bevanda, ormai diffusa in molti Paesi del mondo anche se fuori dai patrii confini è ancora difficile bere una buona tazzina di caffè. Perché?

Gli italiani vogliono trovare nella tazzina un sorso o poco più di una bevanda scura, forte, calda, riconoscibile, ben diversa da ciò che ci viene spesso servito all’estero. Ma non facciamone un dramma, ogni luogo ha i suoi prodotti tipici, il caffè fuori dall’Italia è diverso, tutto qui. Espresso è il prodotto che esce dalla macchina omonima, diverso dal caffè fatto nella moka, dal caffè napoletano, o alla turca, o americano.

Il grano di caffè è tostato a una temperatura elevata e conservato in grani sino al momento del servizio. Espresso indica proprio la preparazione al momento dell’uso. Fare il caffè è un’arte, al mattino al bar un cliente esaurisce in pochi minuti il suo rapporto col barista, ma dietro a ogni tazzina di caffè c’è tanto lavoro e attenzione ai dettagli, con uno sguardo al cliente e uno alla macchina affinché essa lavori sempre nel migliore dei modi. Le regole d’oro dell’espresso perfetto sono dettate dalle cinque M: miscela, macchinario, macinino, mano, manutenzione.

E il cappuccino? A uno straniero in Italia piace molto di più, e permette di fare l’esperienza del caffè al bar senza “subire” il forte aroma dell’espresso. Le regole d’oro del cappuccino perfetto sono dettate dalle cinque L: latte, lattiera, lancia, lavorazione, latte art. Caffè e cappuccino come arte, sarebbe bello che se lo ricordassero tutti i baristi, abbiamo ancora un bel po’ di strada da fare in questo senso ma speriamo che il lavoro delle migliori torrefazioni serva anche a questo.

Le parole del caffè sono caratteristiche anche se a volte difficili da ritrovare nel linguaggio comune. Per esempio in inglese si dice “arrostire” ma in italiano non ho mai sentito dire che il caffè sia arrostito!

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Cosa succede in una torrefazione? Tutto sommato vi si svolgono poche operazioni: i chicchi verdi, stoccati in grossi sacchi che identificano anche il Paese d’origine, sono prima vagliati per separare fisicamente sassolini, paglia e altre impurità e poi raggruppati in proporzioni diverse, a seconda delle caratteristiche desiderate per una data miscela.

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Sono messi ad “arrostire” in un impianto che è ovviamente il cuore della torrefazione, con uno stretto controllo dei tempi e temperature d’esercizio sino ad ottenere il prodotto desiderato. Un piccolo impianto pilota serve a mettere a punto questi parametri prima di ogni nuova produzione.

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Infine i chicchi torrefatti sono confezionati sottovuoto nelle caratteristiche mattonelle, che ne conservano a lungo le proprietà organolettiche.

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I caffè sono tanti, come i vini, i tè, le birre e tutte quelle che io chiamo “bevande sacre”. Arabica e robusta sono le specie principali, nelle quali rientrano le varietà che producono la bacca rossa che poi diventa caffè.

Esistono anche caffè “speciali” prodotti solo in alcune torrefazioni particolarmente attente. Ad esempio i monorigine nettamente caratterizzati, che credo rimarranno sempre un prodotto di nicchia.

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Un investimento particolare all’insegna della qualità e della responsabilità sociale è stato fatto qui con i caffè da colture biologiche, prive di pesticidi. Per metterli in produzione è pertanto necessario “pulire” l’impianto da eventuali residui di lavorazioni precedenti.

Prometto di scrivere perbene dove e come cresce il caffè, anche perché le mie visite alle piantagioni sono ricordi di viaggio di cui sono orgogliosa: è un po’ come passeggiare in un vigneto.

I maggiori produttori di caffè sono Brasile, Guatemala e Costarica in America Latina; India e Indonesia (Giava, Sumatra) in Asia, Kenia, Congo, Madagascar in Africa. Sapete che fino a circa 150 anni fa si produceva dell’ottimo caffè anche in Sri Lanka? E perché ora non ve n’è traccia? A presto per questi e altri emozionanti racconti sul caffè.

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Ringrazio di cuore Andrea e Massimo, i nostri splendidi ciceroni e formatori entusiasmanti.

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2 comments

Rispondi

Che voglia di un buon caffè che mi hai fatto venire! Io adoro l’espresso, gli altri non sono caffè, sono sciacquature con vago sentore di caffè… E’ bello visitare le fabbriche delle bevante “sacre”: oltre alle cantine ho visitato anche un paio di birrifici in Germania. Molto interessante.
P.S. Immagino intendessi XVII secolo…

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cosa ho scritto! ho fatto confusione con l’assedio di vienna, occasione di un altro importante aneddoto sulla storia del caffè – mo’ controllo. sempre disponibile x viaggi e assaggi ti devo mandare la foto del vs pregiatissimo vino credo che potrei scoprire di avere le allucinazioni 😀

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