Santa Maria della Scala è il vecchio ospedale di Siena, si trova in centro storico, accanto al Duomo ed è stato attivo fino a pochi decenni fa. Ostello, ospedale, luogo di cura e accoglienza per secoli, oggi è adibito a Museo ed è un’occasione forse unica di entrare nella storia della città attraverso le stanze affrescate, che raccontano per immagini come si viveva qui nel Medioevo e nel Rinascimento.

Ho partecipato lo scorso 7 novembre alla presentazione di Sette Note in Sette Notti: fino al 19 dicembre, ogni giovedì è possibile accedere a Santa Maria della Scala per una visita guidata serale, accompagnata da una degustazione di vini DOCG, in collaborazione con l’Enoteca Italiana, nonché dei dolci senesi per eccellenza: panforte e ricciarelli. La serata culmina con un concerto, offerto e curato da due importanti istituzioni cittadine che si alternano nel proporre le proprie performance musicali: l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Rinaldo Franci” e la Fondazione Siena Jazz.

Sette note in sette notti, manifestazione fortemente voluta dal comune e dalla provincia di Siena, intende aprire nuovi spazi di condivisione per cittadini e visitatori, in bassa stagione e magari in un orario in cui ci si può trovare per una passeggiata in centro, anzi nello splendido centro di questa città, che a ogni visita mi emoziona sempre più.

Giovedì 7 novembre

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Il primo incontro con la città avviene proprio in Piazza del Campo per un aperitivo preceduto dal saluto del sindaco nel Palazzo Pubblico. Ho avuto il piacere di conoscere il sindaco Bruno Valentini prima che iniziasse questa nuova e avvincente avventura. Lo scorso dicembre era ancora sindaco di Monteriggioni e lo incontrai nella sua città, mentre ero in giro per la Via Francigena con alcuni blogger. Mi fece un’ottima impressione e anche stasera scambiamo volentieri due chiacchiere.

Entrati in Santa Maria della Scala ci rendiamo conto di essere in una location speciale dove l’assaggio del Chianti dei Colli Senesi DOCG, protagonista della serata, è particolarmente gradito.

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Ma non è nulla in confronto ai tesori dell’arte che si aprono davanti ai nostri occhi…

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soprattutto nel Pellegrinaio, l’antica sala d’infermeria dove gli splendidi affreschi raccontano come si viveva qui, nell’ospedale, e nella città nel 1400.

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Non sazi, soddisfiamo infine la voglia di ottima musica: Fondazione Siena Jazz ci presenta Jazz Bond Quartet.

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Siena non è solo una città d’arte di prim’ordine, è un luogo del cuore che si può scoprire anche con una semplice passeggiata. In questi stessi giorni, di inizio novembre si sono svolte in 35 città italiane le giornate del trekking urbano, una serie di passeggiate a tema. Non solo quindi visite guidate ma, nel nostro caso, l’occasione di sbirciare in angoli nascosti di Siena, di salire e scendere per le viuzze curiosando tra i dettagli e, perché no? anche sbirciando tra le vetrine.

Venerdì 8 novembre

Il nostro giro si svolge di venerdì mattina, sotto un sole tiepido e un’aria per nulla autunnale partiamo da Piazza del Campo e andiamo a cercare le antiche fonti di approvvigionamento idrico di Siena, un trekking urbano che ha per tema l’acqua. In realtà iniziamo la visita alla, anzi sulla Torre del Mangia (come ho raccontato in questo post) seguita dal Museo Civico, lo scrigno che custodisce i tesori dell’arte e della pittura senese dal Medioevo in poi. La storia della città parte dalla sua fondazione, che la leggenda fa risalire a Senio e Aschio figli di Remo, per questo è facilissimo trovare statue di lupe che allattano in tutta la città. Nell’iconografia la lupa è un motivo ricorrente ed è trattata al pari di un animale domestico.

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Al Museo Civico non ci sono solo l’allegoria del Buon governo e del Cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti, ma una serie di stanze affrescate, decorate, ammobiliate in modo strabiliante, sfarzoso ma non troppo. Il governo di Siena doveva essere davvero buono, se gettò le basi per norme di comportamento ed equilibrio sociale che sono valide anche oggi, promuovendo la convivenza sia delle diverse classi sociali, sia tra il potere politico e il potere religioso. E vendette cara la pelle durante la lunga rivalità con Firenze. Il Governo dei Nove era a capo della città, nove sono gli spicchi in cui è diviso il selciato di Piazza del Campo. Nove è un numero ricorrente.

Piazza del Campo è dominata dal colore scuro dei mattoni, ma al centro ha un fazzoletto bianco di marmo che si vede da ogni angolo, la Fonte Gaia, una vasca rettangolare stupendamente scolpita da Jacopo della Quercia.

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Le decorazioni scultoree originali ora sono al Museo Civico, qui sostituite da copie, oltre alla sua bellezza mi stupisce l’ingegno con cui si riuscì a portarvi l’acqua sin dal Trecento, attraverso canali sotterranei detti Bottini.

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Io prendo subito acqua dalla fontanella, acqua pubblica come faccio sempre quando visito una città. In questi giorni di bassa stagione, senza troppa folla, di giorno e di sera la gente sta seduta qui a guardare il Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia, una visuale bellissima e unica.

Camminiamo tra i vicoli in un saliscendi denso di sorprese, a ogni angolo.

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Col naso all’insù leggiamo insegne che ci parlano di arti e mestieri antichi, di contrade che si susseguono e mostrano orgogliose, per strada, i successi del palio come accade per la vincitrice più recente, la contrada dell’Oca.

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Quando lo sguardo si apre in lontananza, da una piazzetta o oltre il tetto di una piccola chiesa, altri monumenti fanno capolino da lontano.

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Vi sono San Domenico, San Francesco e San Bernardino (che si celebra il 20 maggio, giorno del mio compleanno) ma Santa Caterina è la chiesa a cui sono più affezionata perché fu la mia prima visita qui nel lontanissimo 1981, a Pasqua, in vacanza con i miei.

Fonte Branda è la destinazione del nostro trekking urbano, un edificio in mattoni a tre arcate ogivali la cui prima costruzione è datata quasi 1000 anni fa.

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Vi giunge acqua di fonte che viene compartimentata per i suoi diversi utilizzi: il consumo domestico, i fini economici, sino all’irrigazione e all’uso agricolo, senza buttare via nulla.

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Come si conviene a ciascuna contrada, Fonte Branda svolge anche la funzione di fontanino, ovvero di fonte battesimale e luogo di celebrazioni ufficiali, proprio per la contrada dell’Oca. Mica male no?

Nel primo pomeriggio passeggiamo sino alla Fortezza Medicea, da dove osserviamo l’inconfondibile sagoma del Duomo da lontano e visitiamo la Fondazione Siena Jazz, un tempio della musica unico nel suo genere a livello nazionale, ma molto noto e apprezzato anche da allievi stranieri. Sotto la guida sapiente del suo fondatore e presidente Franco Caroni, Siena Jazz promuove dal 1977 l’apprendimento di questo speciale genere musicale. Come tutte le operazioni guidate dal genio e dalla passione musicale, l’attività è iniziata quasi per caso, per provare, per cercare nuove leve da formare alla musica jazz. E non si è più fermata.

Corsi di formazione musicale e seminari estivi sono le attività principali che vi si svolgono, anche grazie alla presenza dei maggiori jazzisti italiani, quelli che strizzano l’occhio anche al pop e alla musica più leggera e orecchiabile. Anche se i mostri sacri che l’hanno fatto crescere non ci sono più, è importante promuovere il jazz, portarne avanti gli insegnamenti e coltivare il talento dei suoi giovani appassionati.

Le contrade, le arti e i mestieri sono i protagonisti delle nostre visite di sabato mattina. Le 17 contrade in cui Siena è suddivisa sono un pregevole frutto del buon governo senese, una forma di decentramento del potere antica ma ancora attualissima, perché delega tanta parte della gestione del territorio agli abitanti, con oneri e onori che aiutano a tenere in ordine e far crescere la propria città. Ciascuna contrada ha una chiesa, un fontanino, un museo e… una stalla dove accudisce e prepara il cavallo che partecipa al Palio. Tutto il lavoro dei contradaioli è basato sul volontariato ed è molto impegnativo, implica trovarsi più volte a settimana soprattutto a ridosso del Palio. Una delle funzioni statutarie delle contrade è il mutuo soccorso, che è espletato anche oggi in tempi di crisi economica e così contribuisce a mantenere un tessuto sociale forse unico al mondo. Ma aiutarsi era normale anche in tempo di guerra, quando i contradaioli sostenevano in ogni modo le famiglie dei soldati al fronte.

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Con un misto di solidarietà e rivalità, che ha il suo culmine a luglio e agosto quando si corre il Palio, le contrade convivono e perpetrano il senso di appartenenza dei contradaioli, anche giovanissimi. L’amore per il cavallo è viscerale nei Senesi, molti dei quali imparano l’equitazione sin da piccoli.

Visitiamo il Museo della contrada del Drago, in piazza Matteotti, accompagnati dal Priore che è una donna e si chiama Laura Bonelli.

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Vi sono esposti innanzi tutto i 37 drappelloni che la contrada ha conquistato in altrettanti Palii vinti.

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I drappelloni sono opere d’arte, pezzi unici che sono prodotti da importanti artisti contemporanei quali Mimmo Paladino e Ruggero Savino, ciascuno racconta un pezzo della storia d’Italia che rappresenta. Anche i costumi, i cimeli, i quadri e le stampe che ricordano la storia del Palio sono interessantissimi.

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Adiacente al museo, la chiesa della contrada è un preziosissimo esempio di conservazione di un’opera, racchiude all’interno tesori rinascimentali e settecenteschi ed è naturalmente utilizzata per le funzioni religiose tra contradaioli.

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Infine siamo accolti nella nuova sede di rappresentanza e atelier delle arti e mestieri, antichi e nuovi, chiamata Senarte.

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Anche per gli artigiani potremmo parlare di grossa crisi e difficoltà nell’esprimere il valore del pezzo unico, dell’abito i sartoria o semplicemente di un oggetto bello con cui arredare una casa o un giardino. La speranza degli artigiani è di attrarre visitatori con uno spazio espositivo collettivo, quasi un’esposizione permanente, dove possano raccontare come si svolge il loro lavoro.

Incontriamo Lucia che lavora la lana mohair al telaio e produce arazzi da indossare.

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Salvatore che lavora il legno producendo oggetti a uso decorativo ma anche complementi d’arredo.

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Luca che esegue decorazioni pittoriche su oggetti.

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Angela che da decenni produce vetrate, presenti in tantissime chiese e ora anche con temi profani.

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Graziella che lavora la ceramica artistica.

Luca che ha una bellissima casa editrice che con i suoi parla della storia e della cultura locale.

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Fabio che lavora il ferro battuto e produce opere davvero grandi, così grandi che ha dovuto mostrarcele sul tablet invece di esporle qui!

Ho voluto chiamare queste persone con i loro nomi piuttosto che parlare delle loro aziende. L’artigianato è anche frutto del lavoro delle persone, del sudore della fronte, delle fatiche di braccia e gambe e di sacrifici che vanno ben oltre le otto ore di lavoro giornaliero. Confrontare un’opera artigianale con un manufatto industriale eseguito a macchina, magari in Paesi dove il costo della manodopera è bassissimo e le regole sui luoghi del lavoro sono scarse, è insensato e fuorviante. Spero che sempre più persone si accostino a queste forme di artigianato e arte, che altrimenti rischiano di scomparire, per acquistarle o persino per produrle essi stessi imparando l’arte.

Siena e il suo territorio mi hanno anche questa volta aperto gli occhi e scaldato il cuore, sapevo che mi sarebbe piaciuto tornarci ma questa visita è andata molto oltre le mie aspettative! Desidero ringraziare le persone con cui ho condiviso questi due giorni, i colleghi conosciuti in questo educational che sono come sempre persone squisite, le guide che ci prendono per mano per farci scoprire l’essenza di una città, ma soprattutto: Sonia Pallai e Gianluca Pocci per il Comune di Siena, Luigina Benci per la Provincia di Siena. Siete tutti bravissimi e spero di tornare a trovarvi. Grazie ancora e a presto!

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