Domani tornerò a Torcello per tutto il giorno, sarà un fantastico Instameet e vi sommergerò di foto (ehm). Sarà la seconda volta quest’anno, quattro mesi fa vi ho trascorso il pomeriggio, era il mio compleanno e oggi vi racconto cosa ho trovato oltre il Ponte del Diavolo.

Cito Ernest Hemingway, uno dei miei scrittori preferiti tra i classici, che amo anche per il suo legame con l’Italia e la sua visione particolare del nostro Paese, accumulata nei brutti tempi della guerra quando egli trascorse tanto tempo in Veneto e vi ambientò alcuni romanzi. La trama del libro Di là dal fiume e tra gli alberi si dipana nella zona di Caorle, al confine tra Veneto e Friuli, tra le nebbie della laguna dai colori pastello e dai rumori ovattati. Doveva essere un luogo adatto alla meditazione, forse anche a riflessioni e bilanci, conformi alla decisione finale sulla propria vita che Hemingway prese, come sappiamo.

Anche Torcello è circondata dalla laguna di Venezia e a maggio abbiamo persino preso la pioggia alla fine del giro. Cosa siamo andati a vedere? I vigneti della Serenissima, dopo avere assistito alla presentazione del progetto presso la scuola dei Carmelitani Scalzi a Venezia. Arriviamo al ponte dopo avere percorso una lunga fondamenta, lasciamo da parte un paio di locali di ristoro per i turisti mordi e fuggi, come noi ahimè. Mi chiedo come gli abitanti convivano con queste migliaia di persone che vaporetti e imbarcazioni varie “vomitano” sulle loro strade ogni giorno, gente che passa e va consumando la propria presenza nell’arco di poche ore. Problema di cui si potrebbe parlare a lungo, condiviso da centinaia di borghi italiani anche sulla terraferma ma qui accentuato dalla dimensione dell’isola che protegge le persone e l’ambiente, nel bene e nel male.

Il piccolo centro di Torcello, con la cattedrale e il campanile che svetta nel cielo, si intravvedono poco più avanti, ma si vedono meglio proprio oltre questo piccolo ponte ad arco in mattoni, senza parapetto.

torc1

Passeggiamo in un ambiente dove terra e acqua si intrecciano e le piante stesse sopravvivono in condizioni particolari. Potremmo essere in America centrale, mancano solo le mangrovie e i coccodrilli! Appena si apre lo sguardo su un prato verde abbiamo uno scenario totalmente diverso: una bella villa a destra che negli arredi mi ricorda proprio i tempi di Hemingway come li ho visti per esempio a Key West, in Florida; piccole vigne a sinistra, orlate di roseti e altre piante fiorite, un tripudio di colori.

Le viti coltivate per secoli su questa e altre isole dell’estuario sono state mappate e selezionate dal Consorzio Vini Venezia a partire dal 2010 per tornare a produrre nobili vini, innanzi tutto secondo un programma di ricerca e ripristino produttivo e poi con l’intento di commercializzarli. Il professor Attilio Scienza ci guida in un breve percorso tra le vigne che termina in vista di un’altissima siepe. Mi ricorda un hortus conclusus ma invece è l’accesso riservato a una piccola oasi lussuosa: una piscina con vista sulla laguna e i resti di una chiesa bizantina in rovina come chicca ulteriore.

Piove già, acqua si aggiunge all’acqua per rinfrescardoci le idee e lavare via dai nostri corpi inumiditi i vini che abbiamo assaggiato a pranzo.

Ma non lava via l’emozione di avere visitato questo posto pieno di fascino e mistero. Di là dal ponte e tra gli alberi.

Ti è piaciuto questo post su Venezia? Allora leggi anche gli altri, li trovi qui:

Bentornata a Nordest: Venezia e il Veneto

Inoltre vi consiglio di leggere...

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. Required fields are marked *