Come sono le terme di Merano? Me lo sono chiesto prima di venire quassù, le provo come meritata pausa relax alla fine del soggiorno, di domenica. Il mio hotel ha la convenzione per il percorso da due o tre ore, o giornaliero. Io scelgo le tre ore che includono l’ingresso alle piscine (25 vasche interne ed esterne, tutte da provare!) e alla sauna. Se potete andateci di domenica invece che di sabato e potete immaginare perché. A parte ci sarebbero i trattamenti e gli spazi fitness, a parte sono anche le consumazioni al bar che se uno sta qui a lungo sono una pausa nella pausa. Sono contenta pur nella mia attuale scarsa resistenza alle sollecitazioni del caldo – freddo, che spero non duri a lungo e significa concedere poco tempo al relax. Che dire? A posteriori ho solo parole positive per descrivere le terme, dovrete cercare in rete le foto perché all’interno non sono ammesse, e vorrei ben vedere. Rilassarsi vuole dire lasciare fuori i pensieri e gli oggetti della vita quotidiana come i telefoni. Ci sono talmente tante persone, grandi e piccole, da sole e in compagnia, che a meno di imbarazzanti primi piani e selfie vari sarebbe impossibile evitare di immortalare gli altri. E poi c’è la sauna da provare senza imbarazzo nonostante la nudità richiesta per entrare. Un esercizio sano, senza controindicazioni, un modo per spogliarsi ulteriormente di oggetti, in questo caso i vestiti, e imparare che questo è il tempo per il nostro corpo prima di tutto, ed è il luogo dove prima il corpo e poi lo spirito traggono beneficio.

Le terme di Merano, il tempio del benessere e della salute veicolata attraverso l’acqua come indica il termine latino SPA, salus per aquam, sembrano un luogo di lusso per pochi, almeno viste da fuori con le vetrate e le luci. Invece è il contrario, sono un luogo popolare dove si trova di tutto, dalle coppie alle famiglie di ogni età e provenienza. Le terme di Merano sono estremamente curate dal punto di vista estetico e igienico, e nella gestione del personale sono ineccepibili; molto meglio di altri posti che ho visitato e, quando si affollano dei gitanti del fine settimana, mi mettono più ansia che senso di rilassamento. Qui sono tutti educati e silenziosi o quasi, e non mi sento mai privata di uno spazio dalla presenza di altri. Andarci da sola mi fa sentire libera e consente di vivere come piace a me i momenti, gli spazi e i tempi della visita. Forse dovrei seguire un percorso ma nella mia anarchia interiore preferisco entrare e uscire dai vari spazi chiusi e aperti. La stanza della neve è l’unica su cui voglio davvero spendere due parole, c’è scritto di non starci dentro più di 4 – 5 minuti, ma secondo voi quanto ho resistito, di più o di meno? Tenete conto che è piccolissima, forse de o tre metri quadrati: da fuori si vede un alberello ricoperto da grumi di neve e si sta seduti di fronte s una panca di legno. Bbrrr! Gli svantaggi di essere sola sono altri perché mi perdo più volte alla ricerca delle varie sale, entrate, uscite, bagni, spogliatoi, ma sono molto felice di esserci stata. Chissà se la prossima volta verrò con le amiche!! E poi dove vado? Mica sono finite le mie visite…

Dopo le acque le terme e la birra di Merano non posso andarmene senza assaggiare i suoi vini.

Lunedì i colori della città sono splendenti, tra sole neve e cielo blu. Potrei visitare la cantina sociale, chi mi conosce sa che ho la massima stima per le istituzioni del Trentino Alto Adige così rappresentative del territorio, non solo in campo vinicolo ma pure per la produzione casearia. Oppure potrei andare a Castel Rametz, cantina e castello collocati a tre chilometri dal mio albergo, a est del centro presso i giardini di Castel Trauttmansdorff che sono stupendi, dicono, ma ora sono chiusi. Vorrei fare visita e degustazione. Secondo voi cosa scelgo e come ci arrivo? Il percorso facile sarebbe il secondo, una lunga passeggiata, due castelli vicini e tanto da vedere. Cosa volere di più? Eppure non vado qui con la seguente motivazione: mi aspetta un lungo viaggio in treno per tornare a Venezia e non ho tempo per godermi tutto (i giardini per esempio), rischio di vedere poco e fare le corse, non ne ho voglia. Scelgo quindi la via difficile verso sud, oltre il punto di congiunzione tra Passirio e Adige, dove si trova la cantina sociale. E la faccio ancora più difficile: invece di prendere il bus che dopo una decina di fermate mi porterebbe davanti (e sottolineo davanti) alla cantina, a piedi mi dirigo a Marlengo. A piedi significa che oltrepasso un paio di passaggi a livello, sottopassaggi, zone industriali, strade statali con i marciapiedi non puliti dalla neve e alquanto scivolosi. Nonostante tutto arrivo, dovrei impiegare mezz’ora invece impiego quasi un’ora. Il mio potere di complicare le cose non è sparito, nemmeno con l’età, i miei devono avermi fatta così cinquant’anni fa. Sono stanca morta e appena arrivo a destinazione cerco gli orari del bus “per essere sicura di non perdere tempo al ritorno”.

Descrivo la cantina: davanti si presenta come un blocco di cemento anonimo sulla strada statale per Bolzano, distinguibile per cartelli indicatori e uno stemma dipinto sulla facciata. Mmm è il mio primo commento, ma non si facevano le degustazioni al suo interno? Giro intorno all’edificio e salgo verso la sala degustazione, per fortuna il lato superiore ha un aspetto migliore, un gioco di vetrate e terrazze, dove la vista spazia a 360 gradi sulla valle e i monti circostanti. L’ultimo piano della cantina è stato recentemente trasformato in un grande negozio – enoteca con l’esposizione delle numerose etichette prodotte dalla cooperativa nelle valli attorno a Merano. L’accoglienza del personale è con un sorriso e tanta professionalità, le visite in cantina non sono previste (!!!) ma la degustazione c’è e io sono felice. In generale io preferisco i rossi ai bianchi, mi emoziona di più la semplicità di una Schiava che la complessità aromatica del Gewurztraminer quindi assaggio nell’ordine un Kerner, una Schiava e un Pinot nero della linea Sonnenberg. Montagne e sole, questi vini vengono dai vigneti della Val Venosta collocati in alta quota, con una forte escursione termica tra giorno e notte. Buoni, puliti, senza legno: li consiglio. Potrei stare ad ammirare il grande lavoro dell’architetto che ha studiato questo lavoro, il panorama, gli avventori che lunedì sono già qui a metà mattina. Arrivano, assaggiano, comprano. Invece me ne vado presto, prendo il materiale che mi serve, ringrazio e corro a prendere il bus che ovviamente arriva dopo molto tempo, mannaggia. Oggi è andata così, il viaggio di rientro dovrebbe durare quattro ore e prevede tre treni con dieci minuti o meno di coincidenza. Merano. Bolzano. Trento. Verona. Mestre. Secondo voi che succede? Il secondo treno è in ritardo e la coincidenza salta, impiego quasi sei ore per arrivare e alla fine la stanchezza si fa sentire. La frase con cui rientro però è sempre la stessa. Sono stanca ma contenta.

DULCIS IN FUNDO – Per finire in dolcezza, gli ultimi pensieri su Merano sono teneri e dolci come una torta. Chi mi conosce sa che non sono golosa di gelati dolci e simili, a fine pasto un distillato mi ristora molto di più. Eppure ho scoperto un’anima dolce qui, e proprio non me l’aspettavo. Immaginate il migliore degli strudel servito su un piattino con un po’ di panna, accompagnato da una tazza di tè fumante. Merano d’inverno, in sintesi, è stato questo per me: l’impasto di ingredienti semplici e naturali, alcuni vicini come le mele, altri provenienti da lontano come le uvette, avvolti in un impasto altrettanto semplice che la cottura in forno unisce, valorizza e non confonde. Merano è una fetta di strudel e la panna è la neve bianca che ha addolcito il mio primo assaggio, ha attutito i miei passi mentre andavo su e giù lungo il Passirio, avanti e indietro come quando il pasticcere gira la pasta sfoglia. Vi lascio con questa immagine dello strudel tirolese (da non confondersi con lo strudel viennese come mi hanno fatto notare) assaggiato al bar dell’hotel Imperial Art domenica. Una giornata di relax e chiacchiere con i miei nuovi amici meranesi tra cui il direttore del Westend Hotel che ringrazio, dove sono stata ospite. Alexander Strohmer e la sua famiglia si occupano di ospitalità da generazioni e hanno quattro strutture in città, tutte diverse, a tre e quattro stelle. Mi ha intrattenuto in chiacchiere interessanti con il suo humour inglese e mi ha così incuriosita che sono andata a vedere due alberghi del suo gruppo, Europa Splendid e Imperial Art nel pieno centro di Merano.

Per i miei gusti lo stile liberty del Westend Hotel è forse il più ricco e il più indicato. L’edificio è sotto tutela della soprintendenza alle Belle Arti. Arrivando dal lungo Passirio è ben visibile all’esterno, qui c’è il giardino che costituisce l’accesso pedonale, all’interno spiccano l’abbondanza di piante e suppellettili, gli arredi degli spazi comuni e delle stanze. Dal medesimo giardino si parte a piedi per il vicino centro storico, nella bella stagione potete anche muovervi con una delle biciclette fornite dall’hotel. L’accesso per le auto è dalla strada e da qui in dieci minuti o anche meno (dipende dal peso dei vostri bagagli) arriverete alla stazione dei treni. Confesso che ci ho messo un poco ad apprezzare questo stile adottato per scelta, ora sono curiosa di provare il ristorante che apre con la bella stagione. Io ho trascorso lungo tempo in sala colazione che riflette perfettamente lo stile Westend per il servizio elegante, con una proposta ricchissima, sana e di qualità. Pensando in prospettiva, quando potrei tornare? In primavera per vedere il Flower Festival, i parchi e giardini con tutti i loro colori; e per il Wine Festival in autunno dove sono già passata per lavoro anni fa, ma alla fine quando se ne stavano andando tutti, era rimasto solo il tappeto rosso. Merano è una città da scoprire tutto l’anno!

La mia visita di Merano a febbraio finisce qui ma rinnovo il mio arrivederci anzi… Auf Wiedersehen!

Link utili:

https://www.westend.it/

https://www.europa-splendid.com/it/hotel-merano/1-0.html

https://www.imperialart.it/it/home

https://www.termemerano.it/it/

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