Dopo tre giorni alla scoperta di Palermo con i colleghi blogger di AITB e gli amici di Visit Palermo, sono andata a Catania in compagnia della mia amica blogger spagnola Patri detta Cosmopolilla, con un intento preciso: salire sul vulcano Etna. In inverno però ho fatto i conti senza l’oste: il rifugio Sapienza chiuso, la funivia che forse non funziona e una bianca coltre di neve che da mille metri o poco più la avvolge sino alla cima, a tremiladuecento metri d’altezza. Una cosa da pazzi insomma, ovviamente non saliamo, ma ci consoliamo in due giornate piene effettuando tutte le visite possibili, in città e nei dintorni, con la complicità dei catanesi che sono altrettanto ospitali dei palermitani e non ci fanno mancare proprio nulla.

Alloggiamo alla Dimora De Mauro, residenza d’epoca collocata in salita San Giuliano in centro città, a qualche minuto dalla Cattedrale, facilmente raggiungibile coi mezzi e in auto (si può anche parcheggiare nella via). Si tratta di un palazzo nobiliare con una ventina di appartamenti e suite a pochi minuti di cammino dalla metro, dal bus e dalle principali attrattive catanesi. Viaggiamo a passo lento coi mezzi pubblici ed è essenziale contare su una location centrale. Dimora De Mauro in tal senso è perfetta, il nostro appartamento ha un’ampia zona living arredata con gusto, divano letto, angolo cottura equipaggiato per soggiorni lunghi in coppia e in famiglia, bagno con lavatrice e una grande camera da letto. Stiamo al piano terra ma tutta la struttura è accessibile agli ospiti con mobilità ridotta, che pertanto possono raggiungere i piani alti in ascensore. Se volete vedere Catania dall’alto salite sulla terrazza a cui si accede dalla mansarda, avrete davanti il luccichio del mare e sotto di voi vedrete una selva di edifici costruiti con lava scura, cascate di bouganvillee in piccoli giardini, e l’Etna se siete fortunati. Dovrete camminare un po’ per vederla da vicino. Dimora de Mauro prende il nome dall’omonima famiglia che l’ha restaurata e anche se non ci serve la colazione in camera (!!!) ci consegna i coupon per la colazione convenzionata di fronte, alla pasticceria Sgroi, un posto a cui non dareste un centesimo da fuori. Appena entrate però (alle sette di mattina per essere fuori pronte alle otto al massimo) ci troviamo una serie di dolci tentazioni più o meno leggere. Appena scorgiamo il croissant alla crema di pistacchio scatta la scintilla, è amore eterno. Cassata e cannolo sono assenti giustificati.

Last but not least, il personale che ci accoglie e ci segue per tre giorni è preparato e discreto, ci dà il materiale utile ed esaudisce ogni nostra richiesta. Siamo in dicembre, la dimora non è affollata ma immagino si comportino così anche in alta stagione, il mio primo ringraziamento per i catanesi è tutto per loro. Le loro dritte per cenare completano le informazioni utili scritte nel welcome kit, ci portano in tre luoghi diversi dove consumiamo tre cene che abbinano tradizione e modernità. Segnatevi questi indirizzi. A Buatta. Giglio rosso. A putìa dell’ostello. Cercateli, sono vicini alla dimora. Da Buatta c’è la classica atmosfera giovane e informale ma gli avventori hanno tutte le età, prendiamo una vellutata di zucca servita in un vaso Bormioli (a buatta) ad imboccatura larga con sopra uno spiedino di patata arrosto e ricotta, abbinata a una birra rossa artigianale ottima. Per il resto assaggiamo i vini bianchi locali in caraffa, sufficienti a dissetarci e farci sognare i declivi ora aspri ora dolci (l’incompiuta di questo viaggio) dove crescono le viti sicule. Al Giglio Rosso i due osti carinissimi ci danno due antipasti: caponata di melanzane e marinata di pesce (strepitose) e come piatti principali pasta alla norma, pasta con tonno e pomodorini. A putìa dell’ostello sta vicino al castello Ursino una delle zone della movida catanese, magari non a dicembre quando la temperatura tiepida per i miei standard nordici è inferiore alle abitudini locali. Martedì couscous ci dicono, ha l’aspetto di quinoa ma è buono ed è condito con la socialità di avventori davvero giovani in stile universitario, graffiti alle pareti e tutta l’aria di un ostello. Siamo in un tendone riscaldato che non so come sia classificato, purtroppo pur essendo al chiuso troviamo il posacenere a ogni tavolo e abbiamo dei vicini che fumano, orrore. Spero che i padroni eliminino tale abitudine. C’è un’alternativa speciale a questa sala: scendere le scale sino alla grotta sotto di noi dove scorre l’Amenano, piccolo fiume che porta l’acqua dalle pendici dell’Etna, è una sala con soli quattro tavoli con prezzi non proprio popolari, non possiamo nemmeno scendere a dare un’occhiata e le visite sono ammesse fuori dagli orari della cena, prima delle venti e dopo mezzanotte. Siete avvisati…

Le cantine e il cibo di strada sono il tassello mancante del nostro soggiorno catanese, gli ingredienti ci sono tutti e alle otto di mattina sono in bella mostra (guardare ma non toccare) in Pescheria presso la Cattedrale. Non solo pesce, qui si preparano e si vendono tutti i generi alimentari e io sono catapultata, come a Palermo nel migliore déjà-vu, in un luogo dove da sei anni scorre il sangue, mi si stringe il cuore solo a nominarlo: Aleppo la seconda capitale siriana, dove son stata in tempo di pace nel lontano 2004. Pescheria è una versione minuscola del souq con la stessa aria, le carcasse appese, le teste di cavallo scuoiate (la carne di cavallo è una specialità catanese), ortofrutta, frutta secca tra cui gli immancabili pistacchi e le mandorle, insomma tutto il necessario per fare la spesa e dilettarsi in cucina. In un ordine e silenzio surreali. La prima cosa da vedere nel corso della visita. E siccome io e Patri siamo scese quaggiù per visitare la città, nel prossimo post vi racconterò cosa vedere in due giorni a Catania e nei dintorni. Stay tuned!

Concludo con un pensiero e un bilancio (aiuto) sull’anno che si sta per concludere. Dopo il 2016 dei Balcani con tre piccoli viaggi in Romania, Polonia ed ex Jugoslavia quest’anno ho intrapreso nuove rotte: il 2017 è stato l’anno delle isole e dei vulcani. Mi sono diretta a sud e a ovest ma sempre entro i confini europei. Assieme alla cultura che nutre la mia anima in pena ho finalmente fatto il pieno di natura, prendendo ignote vie dove mi portava il lavoro e vie desiderate, scelte, alla faccia delle bandierine con cui ho punteggiato il mappamondo anche negli anni più bui. Con la compagnia di vulcani maestosi, picchi innevati per quasi tutto l’anno che mi hanno guardato da lontano e mi hanno attratta inesorabilmente. Una volta con successo aiutata dalla funivia del Teide alle Canarie (provvidenziale), due volte senza successo per la pioggia battente che cadeva sul Pico alle Azzorre, e la neve che a dicembre avvolgeva l’Etna, in Sicilia. Ma sono lo stesso felice perché tutti e tre mi hanno trasmesso la loro immensa energia, mi hanno permesso di girarci intorno e affrontare le successive fatiche, andando avanti lungo i tortuosi percorsi della vita, come se avessero un effetto catartico su di me. Siamo a metà dicembre e ancora non ho piantato la bandiera numero 75 sul mappamondo, se non succede un miracolo nelle prossime due settimane (e ci conto in un certo senso), finirò l’anno senza piantarne. Sono perplessa ma se poi guardo la cartina beh, c’è da essere felici ugualmente.

Ho visitato Tenerife nella magnifica occasione del TBM il grande incontro di blogger spagnoli che ha rappresentato una grande occasione di crescita e nuove relazioni.

Ho coordinato un bellissimo gruppo di Avventure nel Mondo alle isole Azzorre e scalpito per tornarci, per vedere le quattro isole piccole che mi mancano, per vedere meglio le cinque isole dove son già stata.

Son passata da zero a due soggiorni siciliani e l’isola triangolare mi è piaciuta tantissimo, vicino e lontano dal vulcano. Cosa volere di più? Vi aggiorno se succede qualcosa entro la fine del 2017.

Post in collaborazione con:

http://www.dimorademauro.it/

Per saperne di più:

http://www.buatta.it/

http://www.agorahostel.com/It/

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