Sabato 02 07Tovkhon Khiid è il monastero che visitiamo in mattinata, un’opera umana costruita per raggiungere l’essere superiore sfidando enormi difficoltà, in un territorio impervio e difficilissimo da raggiungere.

I russi ne avevano fatto scempio negli anni bui delle occupazioni ed epurazioni, ricostruirlo fu una prova di volontà per i mongoli.

Questo luogo di pellegrinaggio è particolarmente sacro, sia per il legame con il costruttore Zanabazar sia perché un tempo era raggiungibile solo attraverso un percorso lungo e faticoso.

Noi stessi impieghiamo quasi 3h per salire in fuoristrada tra erba altissima, boschi di conifere (molto danneggiate dal vento e dai parassiti) e guadi di fiumi, finché a una spianata nel bosco parte il sentiero che sale sulla montagna.

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Non vi sono cartelli o indicazioni ma Tsojoo conosce i percorsi altrimenti non arriveremmo mai, anche Bothro è emozionata perché viene qui per la prima volta.

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Condividiamo così un’esperienza spirituale con loro, buddisti convinti; per me è sempre una lezione in quanto trovo molto più sincero il rapporto esistente in questi Paesi con la religione, mentre la ns Chiesa è drammaticamente secolarizzata e la gente guarda soprattutto al denaro.

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Che fatica, fa caldo, insetti fastidiosi ci pungono o ci ronzano intorno, una vera penitenza, non possiamo nemmeno prendere i cavalli perché sono “occupati” da un gruppo di francesi.

Eppure siamo in un paradiso, il bosco è pieno di stelle alpine, anemoni, ranuncoli, aconito, epilobio, orchidee, gigli e altri fiori di montagna.

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Poi c’è una spianata dove un baracchino vende bibite e souvenir e una gher è adibita ad alloggio per i monaci; centinaia di bandierine di preghiera verdi sono legate ai tronchi degli alberi, infine una facile scalinata ci conduce alla porta d’ingresso del monastero.

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Entriamo, da quassù vediamo uno splendido panorama sulla valle, parecchio più bassa.

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Facciamo girare le campane, visitiamo il tempio e cerchiamo la via per salire in cima alla montagna dove c’è la grotta della rinascita.

Io non salgo, Fabio, Gianni e Serena mi raccontano che lassù è ancora più bello.

Il mitico Zanabazar che costruì Tovkhon Khiid nel XVII secolo è ancora venerato come uno dei padri spirituali della Mongolia.

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Al monastero subisco lo sfogo di Tullio, seccato per le centinaia di mosche davvero indisponenti, questa per lui diventa l’occasione per lamentarsi sulla Mongolia, un Paese dove la naturalezza dell’ambiente lascia le bellezze artistiche, gli animali e il resto in secondo piano.

Vedere di persona un luogo è l’unico metodo per sapere se piace o meno. Purtroppo mi rendo conto che la Mongolia possa non essere apprezzata da tutti.

A causa degli insetti è impossibile fermarsi qui a mangiare, andiamo in cerca di un posto più tranquillo ma appena tiriamo fuori i panini gli insetti ci assalgono, mangiamo di corsa e scappiamo.

Proseguiamo per la cascata di Orkhon, 20m di scroscio d’acqua in una bella valle verde, che ora ha la sua massima portata. Non è nulla di speciale ma si trova in un bell’ambiente, e dopo le foto di rito proviamo il piacere di bagnarci i piedi nell’acqua fresca.

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Potremmo alloggiare in un camp in questa zona, pare che il camp designato non abbia ancora aperto i battenti, a ogni curva Fabio esclama “Ecco il camp!”

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Dopo 1h Uugie chiama per informarci che possiamo procedere per Tsagaan Khaikhan camp, un posto alquanto trascurato che si raggiunge attraverso uno sterrato ripido e fangoso, con una forte inclinazione.

Tutto ciò per fermarsi infine in una spianata isolata e anonima da cui, il mattino dopo si ridiscende per la stessa strada nella lunga tappa di trasferimento a sud ovest verso il Gobi.

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